Faenza, verifiche ambientali su terreni confiscati alla mafia
Cosa avvenisse di preciso in quell’ettaro di terreno in via Granarolo 213, dietro un distributore di benzina, non lo sa nemmeno l’assessore alle Politiche sociali Davide Agresti, che di recente vi ha effettuato due sopralluoghi dopo avere ricevuto, a luglio, una nota della Prefettura in cui si avvisava il Comune che l’appezzamento, comprensivo di un immobile di un piano, era entrato nella disponibilità dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
Il tutto a conclusione di un iter legale partito nel 2012, con una sentenza emessa dal Tribunale di Catania diventata definitiva con il pronunciamento della Corte di Cassazione nel giugno del 2016.
Da allora sono trascorsi sei anni e mezzo, ma solo con la svolta della scorsa estate Palazzo Manfredi ha potuto iniziare a valutare le opzioni per la restituzione dell’area alla comunità. Mercoledì prossimo approderà in Commissione I la proposta di acquisizione del bene nel patrimonio comunale, propedeutica alla successiva discussione in Consiglio.
Tuttavia, prima di avviare qualsiasi iniziativa a riguardo, sarà necessario svolgere alcune verifiche di carattere ambientale sul terreno confiscato, al fine di escludere la possibilità che vi siano tracce di contaminazione dovute a eventuali smaltimenti illeciti che potrebbero essere avvenuti in passati. Insomma, vista la prudenza necessaria quando sono in ballo temi così delicati, meglio fugare ogni dubbio, e a farsi carico delle spese per le verifiche sarà il Comune stesso.
Nel corso dei sopralluoghi effettuati finora è stata notata la presenza di macerie e di due tir: un’ipotesi è che la zona fosse impiegata come discarica abusiva dove fare confluire rifiuti edili.
Qualora si dovesse provare che l’area non risulta contaminato, l’idea dell’assessore Agresti è di coinvolgere realtà associative e del terzo settore nella sua gestione: «Il terreno - spiega - è destinato a uso agricolo e vi sarebbe l’intenzione di realizzarvi un progetto di agricoltura sociale, sulla scia di altre esperienze già attivate sul territorio».
Quanto al fabbricato, si tratterebbe di un immobile “fantasma”, non segnalato al catasto e «completamente abusivo», senza nemmeno i prerequisiti di abitabilità. Caratteristiche che lo rendono «non sanabile» e praticamente inutilizzabile. Il suo destino, quindi, è probabilmente quello di essere abbattuto. Ma prima bisognerà attendere l’esito delle verifiche ambientali.