Faenza, sempre meno allevatori in collina: mora e bovina romagnola a rischio

Faenza

Si è salvato il lupo dall’estinzione, ma in pericolo adesso ci sono razze storiche e autoctone di allevamento: la mora e la bovina romagnola in primis. Lo sostiene la Coldiretti provinciale che lancia un appello a tutela di questi animali e degli allevatori che in collina avevano trovato una fase di grande rilancio. In pericolo ci sono anche specie ormai introvabili o ridotte a pochi esemplari, che qualche anno fa si cercò di tutelare definendo gli standard tipici, depositati a livello europeo e inclusi in un apposito registro con codice di iscrizione e caratteristiche individuate e selezionate dall’Università: asini e ovicaprini, il bellissimo e fiero gallo romagnolo, quello che appare stilizzato nella tipica caveja, dal quale anche i capponi per il brodo dei cappelletti. Celebre il proverbio romagnolo “per san Simone, 28 ottobre, il galletto si fa cappone”. E poi tacchini, faraone, colombi, anatre, oche, tutti animali cosiddetti “da cortile”, molto frequenti fino agli anni ’60 e ’70 nelle nostre campagne, ora patrimonio più che altro delle aree montane.

Qui vi sono aziende agricole che si stanno impegnando nella valorizzazione delle razze storiche: nel brisighellese c’è per esempio quella di Giandomenico Pederzoli e a Zattaglia, la fattoria di Mario Guaducci.

I motivi

Secondo Coldiretti vi sono animali a rischio scomparsa per via dello spopolamento delle colline dove è sempre minore la presenza dell’uomo, della deriva dell’agricoltura montana, degli eventi meteo climatici estremi che stanno martoriando il territorio rendendo difficili la pastorizia, lo stato brado, gli approvvigionamenti, le comunicazioni e la vita agreste in generale.

Allevamento e agricoltura montani sono comparti da salvaguardare, tutelare, agevolare, per la loro opera a garanzia del paesaggio e della biodiversità. «Il lupo non è più in pericolo – afferma Coldiretti - l’Ue ne ha addirittura declassato la protezione da rigorosa a semplice, ora sono piuttosto gli allevamenti ad esserlo».

Il direttore dell’associazione Assuero Zampini chiede «responsabilità nella difesa degli allevamenti e del lavoro degli allevatori che con coraggio continuano a presidiare le montagne, garantendo la bellezza e sicurezza del territorio ed evitando la scomparsa di razze simbolo del nostro patrimonio. È indispensabile aprire subito un confronto per capire come intervenire a tutela di pastori e allevatori, perché senza i pascoli le montagne muoiono, l’ambiente si degrada, frane e alluvioni minacciano le città».

Da uno studio della Coldiretti emerge che «negli ultimi cinque anni a rischio estinzione non c’è più solo il lupo, bensì una zootecnia sostenibile e di qualità fatta di piccoli e medi allevamenti biologici, con animali allo stato brado, pascoli secolari che hanno consentito di evitare l’estinzione di razze storiche come la mora romagnola e la bovina romagnola». Il lupo invece sarebbe in salute: la popolazione stimata dall’Ispra nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU ne conta 3.300 esemplari in Italia, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della Penisola.

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