Faenza, nasce nuovo comitato alluvionati: «Alzare gli argini»

Faenza

«Finora siamo rimasti fermi, ma visto che non si muove niente abbiamo deciso di fare sentire anche noi la nostra voce: siamo tutti agricoltori residenti in una vasta area in fregio al fiume Montone e al rio Cosina, lato Faenza. Molti di noi hanno subito tre alluvioni e ve ne saranno ancora se non si prendono provvedimenti seri e urgenti».

A parlare è Edoardo Ranzi, portavoce del comitato “Montone via Corleto” sorto di recente, formatosi con lo scopo di promuovere la messa in sicurezza idraulica in una zona finora trascurata, attraverso proposte di adeguamento delle aste fluviali e delle confluenze con disponibilità a confrontarsi con le autorità. Il 7 novembre sarà insieme agli altri comitati ad un incontro fissato con l’Amministrazione in rappresentanza degli abitanti di tutta via Corleto, via Gasparetta, via Cangia, via Burattina, via Milana, via Camilli, via Podestà, via Ponte San Giorgio. In questi giorni è in corso una raccolta di adesioni.

«Il nostro problema – riferisce Ranzi – è legato anche al fatto che la riva sinistra del Montone, pur essendo in provincia di Ravenna per diversi chilometri, è gestita dalla Regione tramite la Provincia di Forlì, quindi vi sono difficoltà anche di dialogo. La pulizia per esempio in vari tratti dalla nostra parte non è stata effettuata e ciò incide sulla capienza del fiume».

Per quanto riguarda il rio Cosina, anch’esso soggetto ad esondazioni, la competenza è invece del Consorzio di Bonifica: «Va detto che è tenuto bene, ma qui la grana è un’altra: succede che alla confluenza con il Montone non riesce a scaricare, anzi riceve lui l’acqua proveniente dal fiume in piena, che risale il rio fino a farlo esondare».

Questo accadrebbe anche quando il Montone non è ai massimi livelli. Esondazioni si sono verificate nel 2015 e nel 2019, quando il cambiamento climatico non era ancora così evidente.

Altro caso particolare segnalato dal Comitato è la presenza di due sbarramenti, simili a dighe che mandano in crisi i territori a monte degli stessi: l’autostrada e il Cer.

«Nel maggio 2023 – spiega Ranzi – si sono raggiunti livelli pazzeschi, proprio perché l’alluvione ha ristagnato e non è defluita, trattenuta dai terrapieni delle due infrastrutture. Sarebbero perciò necessari sifoni sufficientemente capaci ad oltrepassare tali sbarramenti, evitando che anche solo l’acqua piovana causi allagamenti». Ciò che si chiede è una protezione definitiva: «Taluni lavori sono stati realizzati, altri no – continua il portavoce - per esempio l’argine eroso dall’esondazione del Montone è stato riparato, ma è stato riportato a com’era prima, mentre ha tracimato proprio perché in quel punto era troppo basso, perciò andava alzato. Le golene interne sono piene di limo e si sono alzate di livello, incidendo sulla portata, andrebbero ripulite e abbassate».

Insomma anche in questa zona pare che più veloce dei lavori sia il sommarsi degli effetti provocati dalle ondate di maltempo rendendo gli interventi sempre più dispendiosi e complicati.

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