Faenza, la rivolta del sindaco Isola e il ritardo con l’appuntamento con la storia

Faenza

La “disobbedienza istituzionale” con cui il sindaco di Faenza Massimo Isola, appellandosi direttamente al presidente della Repubblica, si assume la responsabilità degli interventi che la sua amministrazione avvierà per la messa in sicurezza del torrente Marzeno - “senza attendere le autorizzazioni” - assume i connotati di una decisione storica, non solo per la Romagna, ma per un intero Paese palesemente incapace di fronteggiare la sfida climatica. I buoi, però, sono già scappati, anzi, il fango ha già travolto le case, e all’appuntamento con la Storia - nessuno si senta escluso - ci presentiamo in ritardo, come troppo spesso avviene nell’Italia che corre ai ripari solo dopo che le tragedie sono avvenute. Il fatto che Irene Priolo evochi il “modello del Ponte Morandi” è tristemente significativo. E sinistro. Perché è da anni - non dal 2023: anni - che la crisi climatica è un’evidenza ineludibile: da anni - non dal 2023 - la temperatura media annuale di Faenza (e non è certo la sola) è diventata quella di Foggia, mentre quella dell’Adriatico è ormai l’ideale per accogliere pesci tropicali; da anni - non dal 2023 - il cemento continua a divorare terreni e le direttive per ridurre il consumo di suolo appaiono più che altro come gimcane in cui districarsi per continuare a lottizzare. E il dramma è che notizie simili hanno sempre concluso il loro viaggio sulle pagine del giornale, adagiandosi nell’indifferenza non solo della politica, ma anche della società di cui i partiti e le loro misere risse elettorali non sono che lo specchio. Nessuno si senta escluso.

Chiudere l’argine quando il fiume è già scappato e i cittadini, esausti dopo tre alluvioni, portano davanti al Comune fango per tutti: quel fango è una macchia che resterà per sempre. Ma se non altro, nello strappo di Isola, si intravede una, sicuramente la prima, assunzione di responsabilità. Mentre a Roma continua a tacere il commissario di tutte le emergenze, il generale che c’è ma non si vede.

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