Faenza, Case Caldesi: crolla il tetto, strada chiusa

Faenza

E’ stata interdetta addirittura una strada, via Foschini, per ulteriori pericoli di crollo, dopo quello avvenuto un paio di giorni fa del tetto in un’ala delle famose Case Caldesi, altrimenti conosciute come Case Manfredi.

Si tratta di uno dei palazzi storici più importanti del centro storico faentino, in condizioni di abbandono e degrado che, dopo diverse aste indette dal Comune e andate a vuoto, trovò nel 2019 un acquirente nella R. Group Costruzione Srl di Rimini che se lo aggiudicò per 750mila euro, con il vincolo di provvedere al restauro. La società propose di ricavarne appartamenti.

Nell’operazione il Comune riceveva comunque in dote circa 250 metri quadrati di superficie ristrutturata al grezzo, adiacenti all’ingresso di via Manfredi: una parte residuale dei 3mila metri quadrati coperti da destinare ad uso abitativo, oltre ad altri 1.300 tra cantine, terrazzi, balconi e portici. L’acquisto aprì dunque ad un importante progetto di rigenerazione urbana, progetto che però, indipendentemente dall’ultimo crollo, alcuni mesi fa ha subito uno stop, dopo la scomparsa di uno dei soci della società acquirente. Alcuni termini autorizzativi sarebbero scaduti. Il recente crollo, riguarda la parte più recente e meno pregiata del fabbricato, dove sorgevano le stalle, e se questo da una parte può consolare, dall’altra mette ancora più ansia perché il settore di edificio più prezioso non è affatto messo meglio. Un pezzo alla volta sta venendo giù.

La vendita e il recupero a fini residenziali sollevò pesanti critiche di Italia Nostra che accusò il Comune di «sbarazzarsi del problema», ovvero di un edificio in stato precario, piuttosto che «mettere in campo un progetto per la città frutto di una politica di ampie vedute». In particolare fu contestato «l’uso privato di spazi, (appartamenti e uffici) privandosi di un bene comune: una delle eccellenze storiche e architettoniche della città».

Le Case Caldesi vendute sono solo una sezione di un comparto più ampio che comprende anche la Biblioteca e la chiesa dei Servi (di proprietà comunale), quest’ultima anch’essa in uno stato di abbandono e degrado, seppure oggetto di un progetto di messa in sicurezza, soprattutto nella parte contigua il chiostro della Biblioteca, ora interdetto, per pericolo di crolli: anche qui ha ceduto il tetto del fabbricato sul lato ovest. Il decadimento, se non si interviene velocemente, può facilmente superare i tempi dell’iter di conservazione.

Tornando alle Case Caldesi vanno ricordati i tesori architettonici e artistici presenti nello stabile. Tra gli elementi più significativi: un magnifico arco gotico (XIV sec.) su via Manfredi, dal quale fino ad una cinquantina di anni si accedeva ad una latteria; un soffitto a cassettoni di età manfrediana; il portico con archi in cotto sul cortile e la soprastante loggetta; fregi cinquecenteschi; pitture ottocentesche quali quattro tempere di Felice Giani (1820) e una decorazione di Clemente Caldesi, il pittore faentino appartenente all’illustre famiglia proprietaria, di cui facevano parte patrioti risorgimentali e il botanico Ludovico, donatore alla città della Scuola di Persolino.

Altre decorazioni sono attribuite a Pietro Piani, Pasquale Saviotti, Antonio Liverani. Di straordinaria bellezza è un cane dipinto sulla cappa di un camino, del 600 o 700 e sempre mantenuto nelle varie ristrutturazioni.

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