Faenza, bollette e affitti troppo alti: storico commerciante costretto a ridurre la propria attività

Faenza

«O mi ridimensiono o non ci sto dentro. Sono tanti coloro che fanno fatica a mantenere l’attività con gli affitti non proporzionati ai nostri fatturati e le bollette esorbitanti».
A parlare è Roger (Ruggero Troncossi) uno dei commercianti storici di Faenza nel settore abbigliamento. A Faenza è molto conosciuto e tanti sono i clienti che si recano al suo negozio anche da fuori città. Oltretutto è noto per la sua attività di cantante in una delle band locali più rinomate, la Roger Band, spesso protagonista di serate pubbliche.
«Mi trasferisco»
«Da fine mese – continua il commerciante – mi trasferisco di pochi metri al numero 34 di corso Saffi. I locali sono più piccoli, ma non posso fare diversamente: tanti miei colleghi per lo stesso problema hanno chiuso. Io terrò aperto, resisto, ma mi devo ridurre. Sono ormai il più anziano di tutti e conosco bene il panorama commerciale cittadino, molti mi hanno chiesto di farmi portavoce di una situazione disastrosa, perché è diventata insostenibile».
«Scompaiono negozi»
Troncossi segnala situazioni di negozi che hanno dovuto cessare l’attività, e di altri di cui ha notizia «che chiuderanno nel giro di poche settimane, anche i sotto i loggiati di piazza del Popolo – afferma –. Scompaiono negozi che hanno fatto la storia di Faenza, che hanno contribuito a rendere la città una meta per acquisti rinomata e riconosciuta in Romagna».
Il problema si palesa in tutta la sua evidenza anche dal punto di vista dell’immagine: saracinesche chiuse, cartelli affissi, spazi in vendita non sono un bel vedere, «ciononostante i prezzi degli affitti non tengono conto della crisi e dei costi aumentati in tutti i servizi e categorie merceologiche – continua Roger –. Ci chiedono sempre la stessa cifra, se non ancora di più. Allora cerchiamo di tagliare il più possibile sulle spese, ma non ci si sta dietro ugualmente».
«Chiusure di attività»
«C’è una sproporzione enorme tra ciò che percepiamo come guadagno e ciò che serve per vivere – dice ancora –. Il problema ovviamente tocca meno chi ha un patrimonio e una liquidità proporzionata, non certo chi tutti mesi deve fare i conti con ciò che guadagna, privandosi di quanto poteva permettersi fino ad un paio di anni fa. Così emergono casi che toccano il cuore, chiusure di attività che facevano parte dell’identità cittadina, professionalità che si perdono».
La problematica riguarda anche altri settori: un esempio è il cancello chiuso al Dopolavoro ferroviario, lo storico circolo di cui si è parlato nelle ultime settimane, chiuso perché non riesce a fare fronte alle spese. Sta cercando di rilanciarsi, ma ancora senza nulla di certo e comunque stravolgendo il precedente palinsesto di rilevanza anche sociale.

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