Faenza, alluvione: acqua dentro una voragine e poi risucchiata dai canali sotterranei

Faenza

In tanti si sono chiesti come è potuto accadere. Tant’è che la vicenda ha assunto le sfumature del giallo: una sorta di mistero che si è verificato durante l’alluvione del 16 maggio 2023 e che ora ha una spiegazione plausibile.

In realtà c’è chi lo aveva intuito subito, ma ci sono volute parecchie testimonianze, prima che l’episodio prendesse una consistenza veritiera e che non si trattasse di un’allucinazione collettiva, dovuta alla concitazione del momento. E’ successo in corso Garibaldi, dove l’acqua, che aveva raggiunto quasi due metri di altezza, mentre dappertutto cresceva, a un certo punto ha iniziato a calare, decisamente, velocemente e inspiegabilmente.

Solo chi ha assistito ha capito cosa era successo, come Daniele Donati. «La forza dell’acqua ha sfondato la porta di un’abitazione sulla strada, facendo irruzione all’interno - racconta -. Io abito di fronte e ho visto che il pavimento è crollato e l’acqua ha iniziato a scendere a getto nella falla. Da quel momento tutto il quartiere si è liberato in poche ore: ho capito che precipitava nel vecchio canale sotto la città».

Altri, come Giovanni Bagnoli, hanno confermato: «Ho visto defluire l’acqua e precipitare in quella voragine come in una cascata».

In pratica si era creato un inghiottitoio. E ci si è chiesti come faceva a scorrere via così rapida, dato che il fiume era pieno e c’era acqua dappertutto. Dove andava a finire ? Evidentemente non nel Lamone. Il quadro più probabile, come sostenuto da Federico Pelliconi, è che l’acqua abbia raggiunto il canale Naviglio, fino a quel punto ancora capiente, il quale ha poi tracimato nei pressi dei campi da calcio e quartiere San Rocco.

I racconti trovano riscontro nelle carte dell’ingegner Giovanni Ferro che ha effettuato uno studio sulla complessa teoria dei canali sotterranei cittadini e dispone di un eloquente archivio delle opere idrauliche storiche. Nel caso specifico, evidentemente, il percorso sotterraneo esiste ancora, non è stato interrato, e ha funzionato per scaricare nel canale Naviglio, evitando il Lamone.

«Per secoli – ha spiegato Ferro - Faenza si è distinta per opere di ingegneria idraulica di cui andare fieri. Era dotata di una fitta rete di canali, chiuse, saracinesche, l’acqua veniva prelevata dal Lamone e dal Marzeno a monte della città (a Errano per Faenza e in via San Martino per il quartiere Borgo), contribuendo ad alleggerire le piene attraverso i canali interni che fungevano da cassa di espansione utile e produttiva per quei tempi: mulini, concerie, orti, giardini, la cartiera».

Una sorta di imponente by pass dunque, gestibile e funzionale. In tanti ora si chiedono se tale rete sotterranea possa avere ancora una q ualche funzione di alleggerimento della portata dei fiumi o quanto meno possa essere utilizzata per scarichi alternativi al Lamone, dove Hera anche nel settembre scorso ha trovato difficoltà evidenti a farvi defluire le acque delle zone più basse.

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