Brisighella, scavi al Castello di Rontana: scoperti scheletri, nuove case, ceramiche
Un congresso a novembre al Mic di Faenza farà il punto sugli ultimi aspetti scientifici e culturali del Castello di Rontana e segnerà l’apertura di una mostra con i reperti ceramici di maggiore interesse rinvenuti negli scavi archeologici, aperti nel 2007 e attualmente corso per la stagione 2024. Scavi che proseguiranno anche nel mese di agosto, in contemporanea con quelli al Castello di Ceparano. Al Mic sarà esposto anche il “tesoretto” di 35 boccali in maiolica faentina rinvenuti dentro la cisterna di tipo veneziano di raccolta delle acque piovane per l’approvvigionamento idrico del castello e delle attività artigianali entro le mura. L’acqua della cisterna, filtrata e potabile, è ancora oggi presente nel pozzo perfettamente funzionante.
Sono queste solo alcune delle novità emerse ieri mattina durante l’open day al Castello con i docenti Enrico Cirelli e Debora Ferreri dei dipartimenti di Storia culture e civiltà e archeologia dell’Università di Bologna insieme agli studenti che qui sperimentano le teorie apprese nei corsi di laurea. All’iniziativa ha partecipato anche il neo presidente dell’Ente Parchi, Alfonso Nicolardi.
«Quest’anno abbiamo rinvenuto anche un’epigrafe alto medioevale con iscrizione in corso di decifrazione – riferisce Cirelli -. Le ricerche si concentrano sul lato sud, nei pressi del dirupo: è qui che stiamo indagando due delle quattro case torri, interne alle mura: erano di varia altezza, secondo il potere detenuto dalle famiglie. In una è venuta alla luce la scala d’ingresso in pietra, un’altra cisterna, un pavimento in cocciopesto, un focolare: era rivestita di intonaco rosso visibile da grande distanza. L’agglomerato nel suo insieme fa pensare a San Gimignano in Toscana, caratterizzata da torri simili. Nell’altra costruita sulla roccia abbiamo trovato una sepoltura. Una nuova tomba si trova inoltre sotto la chiesa poi demolita per fare posto al castello».
E’ qui che uno studente con pazienza certosina, una piccola cazzuola e un pennello sta scoprendo i femori, le tibie e i piedi di uno scheletro. Mattoni romani, cocci di vasellame in pietra ollare di origine alpina che mantenevano il calore sono altri reperti scoperti quest’anno. Nell’area si trova la torre che fu fatta costruire nel 1404 da Astorgio Manfredi, unico rudere visibile prima dell’inizio degli scavi con ambienti interni e sotterranei ancora da indagare completamente: «Su di essa esiste uno studio di fattibilità per il restauro e un altro sulla decadenza: abbiamo infatti stabilito che possa durare ancora cento anni nello stato in cui si trova, ma sarebbe meglio intervenire prima» spiega sempre Cirelli che ha potuto appurare come la Rocca sia «una delle più grandi di Romagna, di metri 32x31, di poco inferiore a quella di Imola».
Il sito è stato acquisito nella sua interezza dall’Ente Parchi, compresa la croce in cemento dedicata a Cristo redentore inaugurata nel 1901 e costruita sopra il castello, mentre più recenti sono le antenne dei ripetitori: sotto questi elementi, si nasconde sicuramente molto altro, ma è impensabile poter fare verifiche.
«Stiamo comunque progettando come integrare la croce nel sito archeologico» riferisce l’archeologo.
«Certamente – commenta Nicolardi – si tratta di un’eccellenza nell’eccellenza del sito Unesco, piacevole da visitare perché immerso nel verde». L’apertura organizzata al pubblico è un obiettivo, immediatamente successivo alle fasi di restauro e conservazione di quanto venuto alla luce.