Ert, parla il nuovo direttore Walter Malosti
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A una settimana dalla nomina, Valter Malosti, neo direttore artistico e gestionale di Emilia-Romagna Teatro Fondazione, si è presentato ieri alla stampa introdotto dal presidente Ert Giuliano Barbolini. Dopo aver ringraziato «per la nomina sorprendente», subito ha conquistato con intenzioni di intelletto ed empatia, per un teatro pubblico a largo raggio, fertile, creativo, innovativo, di ricerca e produzione; un teatro ambizioso tale da contribuire a rendere l’Emilia-Romagna il cuore della cultura, una «utopia contemporanea».
Una riflessione da uomo di teatro appassionato, intimamente connesso alla “verità” del teatro. Ha precisato che il denaro pubblico va investito in progetti culturali e sociali coinvolgenti «il più ampio numero possibile di lavoratori dello spettacolo», e ha detto per chi il teatro lo fa e per chi lo va a vedere.
«Nella mia visione un teatro pubblico deve assumersi un rischio artistico e culturale sempre più alto, lavorare su ricerca e qualità, dare la possibilità agli artisti di lavorare al meglio evitando l’appiattimento sistematico sui soli numeri».
Sul fronte del pubblico, il direttore ha aggiunto che «la fine della pandemia dovrebbe idealmente coincidere con la fine dell’autoreferenzialità; il teatro deve tornare ad avere una funzione sociale allargata nelle città e nei territori. I teatri devono riprendere la funzione di “agorà”. Ert deve incarnare un ruolo di servizio alla comunità, divenire luogo “generatore di comunità”».
Ma ha pure sottolineato l’importanza di «mischiarci di più. Occuparci dell’istruzione, raccontare il nostro lavoro nelle scuole. Non siamo stati in grado di far comprendere a sufficienza ai nostri concittadini che il teatro, come le altre arti, è necessario a un Paese che voglia avere uno sguardo di futuro».
I maestri
Malosti ha citato i maestri, su tutti il suo “nume tutelare” Leo De Berardinis ricordandone alcuni passi: «L’arte teatrale è come la sanità, un bene pubblico”; e poi: «Salvare il teatro come settore non serve perché è parte di un sistema culturale complesso, comprensivo di molto altro». Ha preso in prestito le parole di Federico Fellini spettatore: «Credo che l’espressione dell’opera di un artista trovi il consenso quando dà l’impressione, a chi la fruisce, di ricevere una carica di energia, qualcosa che è vita in sé». Ha citato i suoi maestri Massimo Castri e Luca Ronconi, e pure Giorgio Strehler. «Sono artisti rappresentativi di un grande patrimonio che io in qualche modo posso ritrasmettere».Dai maestri agli intenti artistici
«Ho scelto di lavorare lungo il crinale che separa la tradizione dalla ricerca. Questa via deve dialogare con entrambe, alla scoperta di un «teatro popolare d’arte» in cui emozione e processo di elaborazione intellettuale sono un corpus unico, e dove la cultura dell’innovazione è essenziale».Per Malosti l’innovazione passa da trasversalità e contaminazione dei linguaggi artistici e dalla sublimazione dell’arte attorale. Per l’artista, che ha diretto la scuola dello Stabile di Torino, «è fondamentale il lavoro della scuola per attori, per recuperare la centralità dell’attore, questo mi propongo di continuare a fare in Ert».