L'Europa e la Cina: il dialogo è complicato, ma il tema non si può ignorare
Mentre si allunga la lista dei diplomatici europei che in processione si recano in visita a Pechino, l'ultimo in ordine di tempo il ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock cui farà seguito nei prossimi giorni l'Alto Rappresentante per la politica estera comune Josep Borrell, non cessano le polemiche sulle affermazioni fatte da Emmanuel Macron durante il suo viaggio in Cina che rilanciano il concetto di autonomia strategica dell'Ue. Piovono sul presidente francese le critiche, accusato di "disunità transatlantica", che incassa, però, il sostegno di chi crede che prima o poi l'Europa dovrà prendere in mano il proprio destino riequilibrando le relazioni con l'alleato americano.
Che l'alleanza con Washington sia sbilanciata è incontrovertibile quando si tratta di questioni militari; non altrettanto quando si toccano le questioni economico-commerciali dove spesso Bruxelles ha saputo difendere i propri interessi. Il potere normativo dell'Ue, sia per quanto riguarda gli standard ambientali e di qualità delle merci che quelli della sfera privata, è entrato più volte in contrasto con le politiche americane. L'Europa, però, non produce "hard security", ovvero sicurezza sul piano militare, o, almeno non abbastanza, sfruttando i servizi offerti dalla più grande superpotenza mondiale, gli Usa, le cui spese per la difesa ammontano a quasi il 40% di quello che spende l'intero pianeta in questo settore.
Si torna, quindi, al dilemma originale che accompagna la storia del processo di integrazione europea: è possibile recitare un ruolo da protagonista sulla scena globale senza potere contare, se necessario, sulla forza delle armi? Per promuovere i valori di democrazia e diritti umani e difendere i propri legittimi interessi bastano dialogo, cooperazione e incentivi senza strumenti di coercizione? Si può costruire una politica estera credibile solo con la carota e senza il bastone?
In poche parole riteniamo che il "soft power" sia sufficiente per affrontare le sfide che l'Ue deve affrontare alla luce delle crisi passate e presenti? La guerra di aggressione all'Ucraina ci insegna che lo "charme" di superpotenza gentile con la Russia non ha funzionato. Al contrario, l'interdipendenza con Mosca si è trasformata in arma di ricatto che il Cremlino ha usato al momento opportuno riducendo le forniture di gas e petrolio per strozzare la nostra economia. L'Ue ha mostrato una notevole resilienza ma il problema di come relazionarsi con regimi autoritari e dittature rimane aperto. Il prossimo banco di prova è inevitabilmente la Cina, superpotenza in ascesa in predicato di scalzare la supremazia americana.
Che Washington non gradisca la rivalità cinese è nell'ordine delle cose ma fino a che punto conviene all'Europa avvitarsi in una contrapposizione a muso duro nei confronti di Pechino? Ursula von del Leyen, prima di partire per la Cina accompagnando Macron in un discorso pubblico ha definito i contorni della nuova strategia europea. Il disaccoppiamento economico non è un'opzione, ha sottolineato, ma occorre ridurre il rischio per evitare di cadere nella stessa trappola in cui siamo finiti con la Russia; Pechino rimane un partner commerciale vitale per l'Ue ma i rapporti vanno bilanciati introducendo reciprocità e trasparenza; bisogna lavorare insieme negli organismi internazionali per fare fronte alle grandi sfide globali del cambiamento climatico e della protezione della biodiversità. Per la presidente della Commissione europea il rispetto dei diritti umani e il comportamento nella crisi ucraina sono i test sui quali misurare la reale volontà della Cina di approfondire le relazioni con l'Unione.
Poco o nulla viene detto riguardo Taiwan ma d'altronde è solo grazie alla protezione americana se l'isola mantiene di fatto l'indipendenza anche se esclusa dagli organismi internazionali. Per Pechino questa situazione equivale ad un'onta che intacca il rango di superpotenza globale. L'Ue non dovrebbe avere il timore di includere la questione di Taiwan fra le priorità del dialogo con la Cina. E' anche nostro interesse se il topolino della democrazia taiwanese riuscirà ad addomesticare l'elefante della dittatura cinese.