Il grano dell'Ucraina e i rischi per il mercato unico dell'Unione Europea
C'è uno psicodramma che si sta consumando sul confine orientale del vecchio continente. Rischia di travolgere dalle fondamenta l'intero edificio dell'Unione europea. Si tratta di un effetto collaterale della guerra in Ucraina che mette a nudo le crepe di un processo di integrazione ancora fragile e vulnerabile nonostante gli sforzi e gli impegni solenni per disegnare un progetto comune di pace e prosperità che metta fine a secoli di inutili e piccoli egoismi degenerati, spesso, in drammatici conflitti. Sin dall'inizio dell'aggressione russa per soccorrere e sostenere la popolazione ucraina l'Ue ha adottato una serie di misure a vari livelli. Spaziano dall'attivazione del "Meccanismo di protezione temporanea" che consente ai profughi ucraini l'ingresso facilitato nei 27 Paesi dell'Unione, agli ingenti aiuti finanziari, con l'ultimo pacchetto di 18 miliardi di euro per l'anno in corso.
Per quanto riguarda l'economia e il commercio ai prodotti agricoli ucraini è stato concesso l'accesso al mercato unico senza dazi e quote. E' superfluo ricordare quanto siano importanti per le disastrate casse di Kiev gli introiti derivanti dall'esportazione di cereali di cui l'Ucraina è uno dei massimi produttori a livello mondiale. Il blocco del porto di Odessa da parte della flotta russa ha impedito il trasporto di circa 20 milioni di tonnellate di frumento e mais stipate nei magazzini e destinate in buona parte ai paesi in via di sviluppo. Anche in questo caso è intervenuta l'Ue creando percorsi alternativi di uscita denominati "corsie di solidarietà" con il rafforzamento delle infrastrutture terrestri verso i porti della Romania e della Polonia per poi proseguire la spedizione ai paesi africani. L'accordo sul grano dello scorso luglio mediato da Turchia e Nazioni unite, prolungato nei giorni scorsi, ha sbloccato solo in parte la situazione sul Mar Nero visto il rallentamento deliberato delle operazioni di controllo delle navi cargo da parte degli ispettori russi. Una buona parte del frumento in transito, così, si è riversata sul mercato polacco con l'effetto di calmierare i prezzi e l'inflazione in Europa ma allo stesso tempo di ridurre o azzerare i margini di guadagno degli agricoltori di Varsavia che sono scesi in piazza per chiedere un immediato intervento del governo.
Va sottolineato che i contadini polacchi costituiscono un serbatoio di voti fondamentale per il partito sovranista al potere guidato da Jaroslaw Kaczyński che si appresta ad affrontare le elezioni legislative previste alla fine dell'anno. Il 15 aprile scorso, quindi, il governo polacco ha vietato l'importazione dall'Ucraina di grano, mais, girasole e colza, seguito a ruota da quello ungherese. Le competenze in materia di politica commerciale, però, sono di esclusiva prerogativa dell'Ue. Di fatto Varsavia e Budapest hanno spaccato il mercato unico che è considerato il successo più avanzato e redditizio nonché il simbolo del percorso di integrazione europea. La reazione di Bruxelles non si è fatta attendere e dopo lo stanziamento di un pacchetto di sussidi per 100 milioni di euro ha ottenuto la sospensione del provvedimento fino al cinque di giugno. Cosa accadrà dopo, tuttavia, ancora non è dato sapere.
Demolire il mercato unico significa abbattere il pilastro che tiene in piedi l'architettura dell'Unione europea. E' grazie al mercato unico se l'Europa si è data anche una dimensione politica. La spregiudicatezza con la quale la Polonia e gli altri paesi a trazione sovranista guardano all'Ue dovrebbe farci riflettere. Troppo facile prendere quello che fa comodo e rifiutare quello che non piace. Siamo di nuovo all'Europa "à la carte" cioè un ristorante in cui si sceglie il menù. Ma così non si va da nessuna parte; si torna all'Europa delle piccole patrie divise da muri che si scrutano in cagnesco, pronte ad azzannarsi per marcare il territorio. Oggi Varsavia sponsorizza la candidatura di Kiev all'adesione ma è probabile che quando si apriranno i negoziati sarà proprio Varsavia a ostacolarla per tutelare i propri interessi. Per i nazionalisti polacchi l'Ucraina rappresenta l'occasione per regolare, finalmente, i conti con la Russia; gli ucraini, in questo senso, servono come carne da cannone. Alla faccia della solidarietà.