Gli errori della Russia in Ucraina, venti anni dopo gli errori degli Usa in Iraq
"La guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina rappresenta un momento di svolta della storia. Questa guerra non riguarda solo l'Europa. E' un attacco all'ordine internazionale con conseguenze di vasta portata in termini di sicurezza".
A pronunciare queste parole, nei giorni scorsi, è stato l'Alto Rappresentante dell'Ue per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Josep Borrell in occasione della seconda conferenza di Baghdad per la Cooperazione e il Partenariato. Non so se a Borrell hanno fischiato le orecchie mentre faceva queste affermazioni. Di certo è paradossale che proprio nel corso di un evento internazionale sull'Iraq si denuncia l'invasione dell'Ucraina da parte delle forze russe omettendo di ricordare quanto successo vent'anni prima.
Era il marzo del 2003 quando le forze armate americane iniziavano l'invasione di quella che è l'antica Mesopotamia. Pochi giorni prima mi trovavo in visita a Baghdad con una folta delegazione di europarlamentari. Ho ancora nitide nella memoria le immagini delle lunghe file della gente disperata in coda davanti agli sportelli delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite che distribuivano le razioni settimanali di farina, zucchero, riso e pochi altri generi alimentari di base. Le sanzioni internazionali in vigore dalla prima guerra del Golfo avevano messo in ginocchio l'Iraq riducendo allo stremo la popolazione. Il folle e sanguinario regime di Saddam Hussein era alle corde, ormai in condizioni di non nuocere. Eppure a Washington si trovò il pretesto per scatenare una guerra di cui stiamo ancora pagando le conseguenze alla luce del tremendo processo di destabilizzazione provocato nella regione mediorientale e non solo. A poco sono servite le parole di rincrescimento dell'allora Segretario di Stato Colin Powell per quell'intervento militare poco prima della sua scomparsa nell'ottobre del 2021.
Nessuno potrà mai restituire la vita a quelle centinaia di migliaia di innocenti civili iracheni vittime dei bombardamenti o ai quasi 5000 soldati americani mandati a morire per impedire lo sviluppo di programmi di armi di distruzione di massa rivelatisi inesistenti.
E' di questi giorni la notizia, intanto, che un nutrito gruppo bipartisan di politici britannici ha rivolto un appello al governo di Londra per istituire un tribunale speciale internazionale che si occupi del crimine di aggressione commesso dalla Federazione russa ai danni dell'Ucraina. Vale la pena sottolineare che il Regno Unito del 2003 spalleggiava gli Usa nell'invasione dell'Iraq. Rispetto del diritto internazionale e promozione del multilateralismo sono principi fondamentali incardinati nel Trattato dell'Unione europea del 2009. Costituiscono la stella polare dell'azione esterna europea. Da qualche anno, però, gli ambienti anglofoni tendono a sostituire il concetto di diritto internazionale ("international law") con quello di ordine basato sulle regole ("rules-based order") come se le due cose fossero equivalenti. Non è affatto chiaro, tuttavia, quali siano le regole su cui dovrebbe fondarsi questo ordine.
Tre dei quattro attori principali della scena geopolitica mondiale (Usa, Russia e Cina) mostrano una inquietante inclinazione all'unilateralismo infischiandosene o reinterpretando a seconda della convenienza le norme del diritto internazionale. Anche l'Ue, la quarta superpotenza globale, sembra, a volte vittima di questa sindrome. Eppure è nell'interesse di tutti e imprescindibile per la pace promuovere e rispettare principi di base per la coesistenza fra gli Stati sotto l'egida di organismi internazionali. Bene, quindi, che la Federazione russa venga chiamata a rispondere e giudicata per i crimini efferati commessi in Ucraina. Sarebbe altrettanto opportuno, però, che all'interno dell'alleanza atlantica ci si chiarisse le idee e che l'Ue avesse il coraggio di sollevare con gli Usa le contraddizioni laceranti che minano la credibilità dell'Occidente sulla scena mondiale. Da tempo si discute a Bruxelles di autonomia strategica europea. Cominciamo a farlo risolvendo le questioni più elementari.