Affronte: il clima cambia, l'agricoltura soffre
Lunedì scorso, finalmente, ha piovuto. Finalmente perché non lo faceva da mesi. Da gennaio a… due giorni fa, in Italia è caduta la metà dell’acqua che normalmente cade nello stesso periodo. È venuto a mancare un volume d’acqua di 23,4 miliardi di metri cubi, pari all’intero lago di Como, per capirci. Molto male al nord, meno 70%, male al centro, meno 59% e meno peggio, ma non bene, al sud con meno 41%. Ovvio che l’agricoltura sia in gravi difficoltà e nella nostra regione, occupata in gran parte dalla pianura padana, è un settore che gioca un ruolo davvero rilevante.
L'Emilia-Romagna è la quarta regione italiana come superficie agricola utilizzata, dopo Sicilia, Puglia e Sardegna. Tale superficie rappresenta, da sola, l’8,5% della superficie agricola italiana. Siamo anche primi in Italia per numero di prodotti agroalimentari (escluso il vino) di origine controllata, DOP, IGP e STG.
L’agricoltura è dunque un settore molto importante, e l’impatto dei cambiamenti climatici attuali (già molto visibili) e futuri gioca ovviamente un ruolo fondamentale nella conservazione e nella reddittività di questo sistema. Impatto che è già molto attuale, visibile e concreto, al punto che le analisi e i modelli per capire cosa succederà e come mitigare i rischi, si susseguono. Già più di 10 anni fa, nel 2008, il Servizio Idrometeo di ARPA Emilia-Romagna realizzò un lungo dossier dal titolo “Agricoltura e cambiamento climatico”, il che dimostra la preoccupazione crescente per le conseguenze del riscaldamento globale sulle nostre colture.
Già allora si evidenziavano come anomalie climatiche le annate del 2003, del 2006 e del 2007, molto calde e secche, e le si presero a esempio di quelle che potrebbero diventare le condizioni metereologiche abituali nei prossimi anni. Allora si raggiunsero caratteristiche di siccità tali (grande evaporazione, quindi perdita di acqua dai terreni per il caldo, e deficit idrico elevato) che venivano allora ritenute impossibili, ma che potrebbero invece diventare molto frequenti, se non addirittura la norma. In quegli anni la resa dei campi coltivati diminuì anche del 50%. Non solo le alte temperature influirono negativamente sullo sviluppo delle piante, ma favorirono anche un maggiore sviluppo e attività dei fitofagi, cioè degli organismi che si nutrono delle piante stesse. Le piante da frutto, infine, diedero frutti più piccoli del normale.
In generale, quindi, ci si aspetta una agricoltura in condizioni di vulnerabilità crescente, man mano che avanzano gli effetti del mutamento climatico: incertezza sulle rese finali, aumento dei costi, degrado dei suoli e delle acque, danni da eventi estremi.
Con la riduzione, in volume e in superficie, dei ghiacciai alpini a livelli già oggi drammatici, si viene a perdere molta acqua disponibile, soprattutto durante l’estate, per l’irrigazione dei campi. È evidente dunque che servono strategie per fronteggiare questa crescente carenza di acqua e quelle previste contemplano tutta una serie di misure (per nulla facili) che vanno dall’ovvio miglioramento delle reti di trasporto e distribuzione dell’acqua, affinché si riducano al minimo le perdite, alla realizzazione di invasi che fungano di riserva, a un sempre maggior ricorso a acque reflue in uscita dagli impianti di depurazione cittadini: non potremo più permetterci di scaricare in mare le acque in uscita da depuratori, le quali dovranno invece prima passare per l’irrigazione dei campi. Servono studi e infrastrutture, e servono da subito.
In ogni caso, per la nostra regione, si parla senza mezzi termini anche di investire in colture diverse, più resistenti alla siccità, oppure in specie a sviluppo autunno-primaverile, cioè in un periodo in cui dovrebbero esserci maggiori probabilità di precipitazioni. Si parla persino di mettere in pratica tecniche di arido-coltura, cioè quelle tecniche usate in zone aride del pianeta che possono consentire di migliorare l’efficienza del suolo nel trattenere e immagazzinare l’acqua.
Restano comunque forti, e senza particolari contromisure, le preoccupazioni per gli eventi climatici estremi come gelate, siccità, grandinate, ondate di calore e la combinazione di questi nello stesso anno, che sono previste in aumento per frequenza e intensità.
*Naturalista e Divulgatore scientifico - ex europarlamentare