Dalla Romagna parte la “rivoluzione industriale” legata alla decarbonizzazione

Ravenna al centro degli obiettivi per la riduzione delle emissioni di CO2 dai processi industriali e cruciale per il raggiungimento, più generale, dell’azzeramento entro il 2050 dell’emissione di gas serra. In inglese si chiamano Ghg, ossia Greenhouse Gas, e al 2023 il Cane a sei zampe ne contava già una diminuzione del 21% - scopo 1, 2 e 3 -rispetto al 2018. L’obiettivo al 2030 è di averli già ridotti del 35%, per poi giungere al “net zero” entro metà del secolo. Obiettivi attuati attraverso vari filoni: dalla generazione elettrica da fonti rinnovabili, al risparmio energetico, passando dalla nascita di bioraffinerie e un’implementazione dell’economia circolare, stimolata da sempre maggiore ricerca. Il processo di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs) che si sta sviluppando a Ravenna, però, avrà un ruolo «cruciale per la decarbonizzazione dei cluster industriali, in particolare nei settori hard-to-abate (industrie come cementifici, produzioni di fertilizzanti, acciaierie, piastrellifici), e quindi per il successo della transizione stessa».

Il report

è quanto si legge nel report “Eni for: a just transition” di Eni, che specifica come la Ccs sia riconosciuta «dagli scenari di decarbonizzazione elaborati dalle più importanti organizzazioni internazionali (Ipcc, Irena, Iea) e, più recentemente, dall’Unione Europea nella Eu Industrial Carbon Management Strategy, che chiarisce il framework regolatorio a supporto dello sviluppo della Ccus». Per Ccus si intende la fase evoluta della tecnologia, che vede unita a cattura e stoccaggio anche un utilizzo della CO2, in un’ottica di piena economia circolare. Per Eni, inoltre, «la Ccs è una leva di decarbonizzazione che rappresenta un’opportunità sia per ridurre le emissioni delle proprie attività sia come servizio per supportare la decarbonizzazione delle attività industriali di terzi. Grazie al portafoglio di giacimenti a gas esauriti e al know-how tecnico e commerciale, Eni ha sviluppato un approccio distintivo che le permetterà anche di supportare gli emettitori attraverso attività di project management integrato lungo tutta la filiera Ccs per ottimizzare la decarbonizzazione dei poli industriali. Eni ha acquisito una posizione di leadership, in particolare nel Regno Unito e in Italia, e sta espandendo la propria attività in Nord Africa, Paesi Bassi e Mare del Nord». Nel proprio report, Eni evidenzia anche quale sarà il potenziale delle operazioni al momento in campo sulla captazione della CO2: «La capacità totale di stoccaggio al 100% (gross capacity) stimata ad oggi è di circa 3 miliardi di tonnellate con l’obiettivo di raggiungere una capacità gross di reiniezione annua di CO2 di oltre 15 Mtpa (milioni di tonnellate all’anno) prima del 2030, in aumento fino a circa 40 Mtpa dopo il 2030 per superare i 60 Mtpa dopo il 2050 - relaziona Eni -. A fine 2022 Hynet è risultato il primo progetto Ccs in Regno Unito per il quale le autorità hanno sottoscritto i principi generali (“head of terms”) del modello di business per il trasporto e lo stoccaggio della CO2. Si prevede di approvare il progetto di trasporto e stoccaggio nel 2024, contestualmente all’approvazione dei progetti di cattura della CO2 prodotta dagli emettitori e che sarà stoccata in HyNet». Parallelamente, anche per il progetto Ccs di Ravenna, realizzato da Eni in joint venture con Snam, l’avvio è previsto quest’anno con la fase 1. Quello della fase 2, invece, è previsto nel 2027, con una capacità di stoccaggio annua che raggiungerà 4 milioni di tonnellate. Le future espansioni aumenteranno la capacità di stoccaggio fino a 16 milioni di tonnellate all’anno. Il potenziale massimo della capacità di stoccaggio è ad oggi valutato in oltre 500 milioni di tonnellate.

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