Pietre miliari: L’imboscata - Franco Battiato
“Il percorso artistico di Franco Battiato è stato la palpabile dimostrazione di un talento che trovava la sua massima aspirazione nel sovvertimento delle regole, dove l’esigenza di ricerca si coniugava con il gusto della provocazione, mentre la convivenza fra spiritualità, surrealismo ed ironia raggiungeva vertici di spiazzante armonia”. Questo album, pubblicato nel 1996, rientra alla perfezione nel quadro delineato dalle parole di Flavio Brighenti e si può considerare una delle vette assolute di tutta la discografia dell’artista siciliano.
Battiato, con “L’imboscata”, costruiva un disco dai connotati sintattici poco prevedibili, pure se legato a certi umori pop, rock ed elettronici. Pezzi, tra i quali non mancavano una ballata e un episodio di sapore più classico, il cui interesse risiedeva nell’enunciazione melodica (basti pensare a brani come La Cura o Strani Giorni che, ad esempio, presentava due diverse melodie...), nelle strutture armoniche (in una canzone si poteva rintracciare anche un’armonizzazione slittante alla Richard Strauss...) e negli arrangiamenti ritmici. Ma l’album non disdegnava altre sottigliezze: nel brano Di Passaggio, in particolare, era l’intreccio di chitarre a svettare su tutto. Le liriche del filosofo Manlio Sgalambro, che si sposavano efficacemente con la vocalità del Nostro (“La mia vocalità - diceva Battiato - è frutto di un’improvvisazione che poi ho scoperto avere radici nel canto tradizionale soprattutto medio ed estremo orientale, il quale è legato all’emozione. È un canto che si basa sull’emotività. Proprio per questo non considera molto l’intonazione, perché giustamente si affida all’altezza del sentimento e non a quella timbrica, a quella di notazione”), sprigionavano un’indiscutibile carica innovativa, alla ricerca com’erano di vocaboli difficili da inserire in una canzone ma che in realtà dimostravano di avere una loro pregnante musicalità: “A quel tempo tu stavi, sicura di te, della tua logica / Guidando e parlando ininterrottamente / Ed io, che già non ti ascoltavo più, (come ipnotizzato), seguivo gli occhi che seguivano i colori / I raggi elettrici della città / Chissà cos’è quel moto che ci unisce e ci divide / E quel parlare inutilmente delle nostre incomprensioni / Per certi passeggeri malumori / Amata solitudine / Isola benedetta” (Amata Solitudine); “Quel letto d’ottone in cui mi raccoglievo giovinetto / Il radiogrammofono che prendeva tutto / Quando ti portavo in quel caffè ‘prego, fragole con panna’ dicevo / E superbo ti guardavo mentre l’altro mi ricambiava con disprezzo sogghignando verso te / E la tua foto che portai tanti anni addosso / Prima che un cassetto l’accogliesse e la sbiadisse / Seppi della tua morte / E rividi i tuoi boccoli / E sul tuo viso la sorte / La mia memoria trae fuori i ricordi da un cappello / Senza che io sappia perché questo e non quello” (Memorie Di Giulia); “Non avere paura / Perché porto il coltello tra i denti / E agito il fucile come emblema virile / Non avere paura della mia trentotto / Che porto qui sul petto / Di questo invece devi avere paura / Io sono un uomo come te / Gli eucalipti crescono bene, quest’anno / Peschi e tamarindi colorano le mie avide pupille / Mi preparano un cuscino di erbe per nuovi sogni / Per nuovi sogni” (Serial Killer); “La mia anima non stilla miele e dolcezze / Happyness and truth, bisogni naturali / Ma io ho una bambina, negli intervalli / Che mi accarezza i bianchi capelli / E gli anni si fanno docili al suo tocco / Mi bacia sulle guance crudeli / E giochi pazienti di rami mi intreccia / Con le sue pupille da gatta” (Ecco Com’È Che Va Il Mondo).
“L’imboscata” rivelava una volta di più come Battiato, nel suo modo di fare musica, avesse deciso di puntare sempre in alto, di conferire alla canzone capacità del tutto straordinarie (canzone che il musicista di Ionia ha contribuito a cambiare dall’interno, assecondandola e insieme sovvertendola). Motivato da un’ambizione di fondo, vale a dire riflettere la ricerca filosofica, scardinare veli e ipocrisie del presente, far confluire nell’universo pop i segni estetici del pensiero e dell’arte del Novecento.