“Mina. La voce del silenzio”: la più grande cantante italiana in un libro
Mina. La voce del silenzio a cura di Giulia Muggeo, Gabriele Rigola e Jacopo Tomatis
Scorrendo la discografia di Mina si ripercorrono le vicende della popular music globale per come questa ha interagito con la scena musicale del nostro Paese, con il risultato di ritrovarsi di fronte a un’enciclopedia della canzone internazionale.
“Mina. La voce del silenzio” raccoglie diversi saggi che ricostruiscono la storia della più grande cantante italiana (una delle poche europee ad essersi avvicinata alle più famose voci del jazz...), nei suoi quasi cinquant’anni di attività. Un “viaggio”, che ci racconta di una vocazione antica e costante a cercare sempre della nuova linfa, nel quale non viene tralasciato alcun aspetto della carriera dell’artista: la modernità dell’immagine sempre diversa e sempre all’avanguardia; il toccare mondi differenti, come la tv e il cinema, il web o la carta stampata, la pubblicità, la moda; e, soprattutto, l’abilità nell’interpretare autori e linguaggi diversissimi tra loro. Grazie al virtuosismo, alla sua incredibile voce, capace di passare dai cinguettii più alti e lirici alla più viscerale aggressività, Mina, infatti, ha spesso nobilitato ed esaltato quanto in mani altrui sarebbe risultato meno prezioso. Nelle tante canzoni che ha interpretato appare evidente come l’artista lombarda, dotata di una voce dall’estensione molto ampia e dall’intonazione perfetta, abbia sempre dato libero sfogo ai suoi vezzi vocali, spingendo le note di petto oltre il proprio limite naturale, mantenendo un suono chiaro anche se “tenuto”, per andare verso un’unica direzione, quella della conquista di note acute. Una vocalità che ha finito col diventare l’archetipo del canto “leggero”: squillante, duttile e in grado di rendere quanto mai interessante il suo percorso ritmico.
“Mina - ha scritto Ivano Fossati, autore della prefazione al libro - insegna l’equilibrio dell’espressione fonetica, la pulizia e la chiarezza attoriali dell’emissione vocale, il peso maggiore o minore sulle sillabe col quale indirizza il significato di ogni passaggio nel testo della canzone. E poi la parte strettamente musicale, sulla quale molto ancora potrebbe essere scritto e indagato: scivola sopra lo steccato delle battute, sposta gli accenti musicali con tale leggerezza da renderlo naturale, gradevole, espressivo. Non si impunta fra il battere e il levare, ci dondola sopra. È quello che si sente nei dischi di Frank Sinatra - quelli swing, con l’orchestra di Count Basie - Mina ama The Voice. E anche la tromba di Chet Baker. Ha interpretato molte mie canzoni e credo che quando registra un brano si comporti come un jazzista, ovvero si dia il tempo di una frazione di secondo prima di emettere il suono, la parola, e decidere in che direzione andare. Come dire che, alla fine, dietro una sua nota ci sono sempre il controllo del significato, la sicurezza, il pensiero”.