Louis in London - Louis Armstrong

Trasmesso dalla Bbc il 2 luglio 1968 con il titolo “Show of the Week - Louis Armstrong”, questo live vede Satchmo (il soprannome viene da “satchel mouth”, “bocca a sacco”, per le grandi dimensioni della bocca) e la sua band, The All Stars, in stato di grazia, interpretare tredici brani, tra cui hit come Mack The Knife, Hello, Dolly! e Blueberry Hill.
Armstrong, considerato il primo vero eccelso solista della storia del jazz, è stato artefice di uno stile trombettistico riconducibile all’espressività e ai toni della voce umana. I suoi migliori assolo, caratterizzati da un fraseggio fortemente swingato, erano “pazzeschi dal punto di vista ritmico” e sorprendevano per l’intensità espressiva e per un certo senso architettonico d’insieme. Il musicista di New Orleans - immediatamente riconoscibile per la peculiarità del vibrato, la forza degli attacchi e la bellezza della voce strumentale - riusciva poi a immaginare delle linee melodiche originali spesso più stimolanti rispetto a quelle su cui erano edificate.

Quanto alle doti vocali, la sua è sempre stata una voce rauca, cavernosa, distante anni luce dagli standard del “bel canto”. Indicato da molti come l’inventore dello scat, Armstrong è riuscito ogni volta a dare un sapore diverso, un’impronta bluesy ai brani che ha interpretato. Altrettante testimonianze di uno stile jazzistico privo di qualsiasi connotazione melliflua, in grado di mostrare come il significato emotivo di un testo possa essere espresso anche attraverso inflessioni vocali e improvvisazioni puramente strumentali, che risultano efficaci quanto le parole. Basti pensare, solo per fare un esempio, a “Good Morning Vietnam”, il film in cui Robin Williams faceva la parte di un dj che cercava di rendere meno duro ai soldati l’incubo della guerra grazie alla radio. C’era una scena in cui finalmente sembrava che un raggio di luce potesse illuminare questo inferno di morte. Ebbene, per descrivere quel momento di luce e di sorrisi veniva usata la voce impagabile del Nostro che cantava “What A Wonderful World”; perché, per riprendere le parole di Paolo Biamonte; “in momenti del genere non si può sbagliare, ci vuole uno credibile; con Louis che cantava quella canzone non si sbagliava: con quella sua incredibile dolcezza rugosa ti faceva pensare che il mondo poteva anche essere un posto meraviglioso”.

Armstrong è stato uno dei grandi innovatori della musica del secolo scorso e con la sua rivoluzionaria forza creatrice ha dato il contributo fondamentale al passaggio del jazz dall’era di New Orleans alla nuova fase che schiuse le porte alla modernità.

“Louis in London” - ha detto Ricky Riccardi - contiene tutto il meglio della carriera di Armstrong e si sente che suona questi brani con grandissimo amore: c’è Ole Miss che è uno dei primi pezzi che ha interpretato, è del 1916 e risale alle radici di New Orleans, fino a What A Wonderful World, realizzata a 70 anni. Un disco che, alla fine, dà conto di una verità innegabile: non c’è stata una persona come lui nella storia della musica. È nato in condizioni di assoluta povertà ma è riuscito a navigare tra i venti mutevoli dell’industria discografica in ogni decennio, continuando ad avere un successo dopo l’altro”.

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