Libro: Ernesto Assante - Lucio Battisti

Questo libro di Ernesto Assante è diviso in due parti: la prima, dedicata alla vita dell’artista; la seconda, rivolta essenzialmente ai dischi. “Lucio Battisti”, edito da Mondadori, segue il sentiero di una biografia pubblica, per forza di cose incompleta, andando ad analizzare, oltre alla dimensione umana, il legame artistico tra Battisti e Mogol, fino ad arrivare alla fase più elettronica e avanguardistica del musicista di Poggio Bustone, quella relativa alla collaborazione con Pasquale Panella.
Dalle pagine del libro, scritto da Assante con sapienza e rara precisione, sembra scaturire, alla fine, una verità di fondo: la grandezza di Lucio Battisti era legata alla capacità che aveva di esprimere il proprio talento dentro una vita normale, “invisibile”. Quello che contava, per lui, era la musica, l’afflato creativo, la voglia di sperimentare. Basti pensare ad un album come “Anima latina”, uscito nel 1974, il suo lavoro più complesso dal punto di vista musicale, che qui analizzeremo brevemente, prendendo a pretesto il volume del giornalista de “La Repubblica”.
Certi brani di “Anima latina” presentavano al loro interno una varietà di ritmi, tempi, schemi accordali, strumentazioni. Canzoni che assumevano i contorni di suites elaborate e multitematiche, connotate da lunghe introduzioni, interludi, code - anche se erano i pezzi più brevi a denotare una marcata singolarità. Il disco metteva in mostra i tanti pregi delle composizioni battistiane: la libertà dell’invenzione melodica (melodie che risultavano sovente originali, problematiche, potenti); la cura dedicata agli arrangiamenti (vedi, ad esempio, l’armonia e gli impianti ritmici); lo stretto rapporto tra i testi di Mogol - nel caso specifico, spesso enigmatici e oscuri - e la musica [“Anonima la casa / Anonima la gente, anonimo anche io / Un cane e ciak azione - all’improvviso un morso: figlio mio! / La frutta nel giardino, i panni nel catino e lei, ore ed ore” (Anonimo); “Femmina rossa cosa vuoi? ‘Mio per sempre’ / E fu la morte anche per lei / E purtroppo perdo anche te, se tu confondi i mondi: amore e proprietà” (Macchina Del Tempo)]. Senza dimenticare, poi, la voce dell’artista laziale, qui sottoposta a una serie di effetti elettronici. Battisti fu capace di inventarsi una voce che puntava tutto sull’espressività, gestendo la sua “luce” vocale nella maniera più varia e disinvolta, tra bagliori, ombreggiamenti e chiaroscuri anche violenti: falsetti, mormorii, urla scomposte, controcanti e cori spesso sopra le righe. Egli elaborò la sua creatività vocale in un’ottica d’autore, inventando soluzioni anche estreme ma coerenti con il significato da porgere.
La rivoluzione di Battisti, e “Anima latina” lo dimostra appieno, ha fatto sì che nella canzone di consumo venissero introdotti modelli e stilemi da canzone “impegnata”. Il suo merito è stato quello di trasformare la canzone commerciale in qualcosa di più trepido e conturbante, a dimostrazione che, almeno musicalmente, non vi è stato affatto un trionfo del “pensiero debole”, perché appunto, nel momento stesso in cui è entrata in crisi, la canzone politica, per uno strano meccanismo di compensazione, ha finito col permeare sottilmente proprio la canzone commerciale.
“Le incomprensioni di Battisti con i media nascevano dal fatto che i suoi punti di riferimento erano l’Inghilterra e gli Usa, musicalmente parlando aveva una visione diversa. Era uno sperimentatore e da questo punto di vista non è mai cambiato, da ‘Don Giovanni’ in poi ha continuato la sua ricerca anche attraverso l’elettronica. Resta un esempio unico di creatività destinato a durare nel tempo” (Ernesto Assante).