La sfida mancata tra i due grandi ciclisti Oriani e Ganna
RIMINI.
La nascita dello sport moderno ha una data: 1896. Quell’anno, ad Atene, si svolgono le Olimpiadi e da quel momento lo sport inizia la sua grande avventura.
Nei primi anni del Novecento è la bicicletta che domina la scena dell’“atletismo”. Il velocipede, considerato anello di congiunzione tra il mondo arcaico e quello tecnologico, ispira pagine memorabili nel giornalismo e nella letteratura. «La bicicletta – scrive Alfredo Oriani – è una scarpa, un pattino, siete voi stessi, è il vostro piede diventato ruota, è la vostra pelle cangiata in gomma, che scivola sul terreno, allungando il vostro passo da settantacinque centimetri ad otto metri, cosicché ogni chilometro non è mai più lungo di due minuti».
Fantasia popolare
Ma la bicicletta non è solo un mezzo di locomozione – come recita il suo cantore – è anche un congegno capace di suscitare emozioni e di eccitare la fantasia popolare. A incrementare la “febbre” per le due ruote sono i giornali con le loro appassionate cronache dei campioni del pedale, figure bizzarre sempre in bilico tra “il genio e la sregolatezza”. La gente si infiamma per le loro imprese, compiute su percorsi impossibili, tra la polvere, il vento e la pioggia: fatiche massacranti, sofferte, disperate. Gesta leggendarie. Che mandano in delirio le folle.
Avvincente e romantico
Proprio per il suo aspetto avvincente e romantico, il ciclismo è fonte di grandi interessi economici e le società che ne programmano le gare, su pista o su strada, si contendono i grandi nomi del pedale con favolosi ingaggi.
Alcune corse entrano nella storia di questo sport: il giro di Lombardia (1905), la Milano-San Remo (1907), il Giro ciclistico d’Italia. Quest’ultima competizione è un evento che fa epoca. La prima edizione del Giro si svolge nel 1909, conta otto tappe per un totale di 2.448 chilometri e ha una classifica a punti. Sull’Illustrazione italiana del 25 maggio 1909 persino Gabriele D’Annunzio inneggia alla manifestazione come al «più meraviglioso dei viaggi» e invia un caloroso augurio alla «forte e avventurosa compagnia di atleti». All’arena di Milano, ad attendere i corridori per l’ultima fatica, ci sono più di centomila persone. Luigi Ganna, ventiseienne muratore di Varese, con tre vittorie, un secondo posto e due terzi si aggiudica la corsa. È l’eroe del momento e gli onori della cronaca sono tutti per lui.
Il primo vincitore
Con il Giro la popolarità del ciclismo dilaga a macchia d’olio e il nome di Ganna primeggia per qualche anno sulla scena ciclistica. La gente fa ressa per vederlo in azione per le strade e nei velodromi. Ma, come sempre accade, altri campioni nel frattempo si affacciano alla ribalta. E Ganna, a 31 anni, proprio a Rimini avvertirà l’amarezza del viale del tramonto.
Rimini, viale del tramonto
Questi i fatti. Domenica 3 agosto 1913, nell’ippodromo Flaminio – una struttura sportiva, a detta de Il Momento, che «non ha niente da invidiare alle migliori d’Italia» – è in calendario una «sfida ciclistica». I nomi di spicco sono Luigi Ganna e Carlo Oriani. Quest’ultimo ha appena vinto il Giro ciclistico d’Italia ed è il nuovo idolo delle folle.
Riminesi e bagnanti accorrono numerosi ad applaudire i due fuoriclasse, ben evidenziati nelle locandine della competizione. Dopo alcune corse di inseguimento effettuate da emeriti sconosciuti, è annunciata l’assenza di Oriani. La notizia innervosisce il pubblico che, fiutando l’imbroglio, comincia a inveire contro l’organizzazione. Per dare più consistenza alla protesta, un gruppo di scalmanati lascia gli spalti e si riversa sulla pista. L’invasione, del tutto inconsueta, di lì a poco contagia buona parte dei presenti. I responsabili del convegno cercano di frenare le intemperanze, ma qualsiasi tentativo di rabbonire i più esagitati fallisce. Controproducente si rivela anche l’intervento del direttore di gara che, per accomodare le cose, cerca di metter in risalto la presenza di Ganna. A quelle parole il pubblico, defraudato, s’incaponisce: non si accontenta di un “ex” campione e con maggiore irruenza sfoga la propria rabbia invocando Oriani.
Gloria sorpassata
Ganna, appoggiato alla bicicletta, si sente a disagio e dà segni di insofferenza. Il nome del rivale ripetuto a tamburo battente dalla folla ha il sapore della provocazione e gli fa capire di essere considerato dai tifosi una “gloria sorpassata”. Ferito nell’orgoglio il varesotto perde le staffe e abbandona l’ippodromo, seguito all’istante dagli altri corridori. La “ritirata” è accompagnata da una selva di fischi.
Prima invasione di campo
La corsa non ha luogo e l’episodio entra nella storia sportiva della città come la prima invasione di campo. Il 7 agosto 1913 Il Momento, intervenendo sulla balorda giornata, invita la pubblica sicurezza a prendere per l’avvenire delle accortezze a tutela dello spettacolo e della incolumità degli astanti. «Sappia impedire d’ora innanzi – scrive il settimanale riminese – che il pubblico invada la pista. Una disgrazia fa presto ad accadere e le precauzioni non sono mai troppe».
Parole sensate, ma gettate al vento: la prevenzione di simili atti sarà sempre più difficile e col tempo, nonostante l’imponente servizio d’ordine, alle invasioni folcloristiche e pacifiche dei primi anni del Novecento si aggiungerà anche la violenza teppistica e fine a se stessa dei nostri giorni.