Il cattolichino Emilio Filippini a 150 anni dalla nascita
Ricorre quest’anno il centocinquantesimo anniversario della nascita di Emilio Filippini (Cattolica 1870-1938), uno dei migliori paesaggisti della fine dell’Ottocento e della prima metà del Novecento romagnolo, e non solo.
Dopo gli studi elementari a Cattolica, nel 1886 Emilio segue lo zio materno Luigi Mancini, insegnante e direttore scolastico a Sacile, in provincia di Pordenone, per completare gli studi. Ottenuto il diploma di maestro elementare, grazie ai finanziamenti dello zio che ne apprezza le capacità artistiche, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia che abbandona nel 1890 per andare militare a Lucca.
La sua formazione artistica è straordinariamente ampia, svolgendosi nell’arco di oltre dieci anni, da Sacile con la frequentazione di Luigi Nono a Venezia, dove è attratto dalle atmosfere sfumate e rarefatte di Pietro Fragiacomo e Guglielmo Ciardi, dipingendo paesaggi lagunari nei quali il silenzio, la solitudine e la pace sono trasmesse da un mare piatto velato a mezze tinte, pur facendo propria la lezione verista di Giacomo Favretto ed Ettore Tito.
Macchiaioli e paesaggisti
A Lucca viene in diretto contatto con i macchiaioli toscani fra i quali Giovanni Fattori mentre il successivo trasferimento all’Accademia di Roma lo porta a scoprire la tecnica libera e vivace dei paesaggisti romani e le opere di Francesco Paolo Michetti. Infine a Urbino, ultima tappa della sua formazione, dove si diploma, rientrando a Cattolica nel 1898. Qui, prima di entrare in un metodico isolamento domestico, partecipa alla prima Quadriennale della Promotrice delle Belle Arti di Torino del 1902 dove presenta il grande olio “Gli emigranti” ricevendo la medaglia di bronzo: un’opera straordinariamente il linea con il realismo romantico e sociale appreso a Venezia.Due anni dopo è a Ravenna all’Esposizione Romagnola, a quella di Forlì nel 1907 e alla nazionale di Rimini nel 1909.