La giornalista Federica Angeli presenta al Buon vivere il suo libro “Il gioco di Lollo” – domenica 29 novembre ore 11 su terradelbuonvivere.it – insieme a Corrado Ravaioli. Lo fa nelle vesti di giornalista e di madre, di donna impegnata non solo contro la mafia ma anche nell’educazione dei propri figli, sensibilizzandoli alla lotta contro qualsiasi tipo di pregiudizio. Nel libro Angeli racconta la vicenda che la vede protagonista insieme alla famiglia: da cronista riceve minacce di morte da un capo clan di Ostia. È costretta a vivere sotto scorta e per non traumatizzare i figli s’inventa un “gioco”.
Ne “Il gioco di Lollo” l’io narrante ha 8 anni. Perché la scelta di fare raccontare una storia così difficile a un bambino?
«È nata da una mia inchiesta dentro casa. Il nostro “gioco” è andato avanti per anni, volevo capire come i miei figli l’avevano vissuto, quali sentimenti si erano sedimentati in loro: se di rabbia, se di ingiustizia. Il capo clan di Ostia, Spada, ha continuato a girare liberamente fino al 2018. Parlando con loro mi sono resa conto che emergevano sempre tanti aneddoti, che esisteva anche un loro punto di vista e che valeva la pena raccontarlo. Perché è importante capire che anche un bambino può fare la sua parte, anche se sembra impossibile. Avere dato voce a Lollo è stata una scelta partita dal desiderio di comprendere i miei bambini».
In effetti protagonisti della storia sono i tre figli, insieme alla madre. Per tutta la famiglia comunque non è stato affatto semplice affrontare la vicenda. È più difficile essere genitori o essere figli?
«Bella domanda. Dal mio osservatorio posso dire essere genitori, perché i bambini l’hanno vissuta come un gioco mentre io ero pienamente consapevole del pericolo, del fatto che sarebbe potuta finire male, molto male. Stavamo lottando contro persone senza scrupoli».
Nel libro lei pone l’attenzione sulla responsabilità educativa dei genitori. C’è una frase in particolare in cui scrive: «Molto spesso è proprio colpa dei genitori se i figli crescono in un certo modo». Questa è una componente chiara a tutti i genitori o è invece sottovalutata?
«Credo sia sottovalutata. Molti genitori non si rendono conto di essere un modello per i loro figli, magari li sgridano senza far capire loro il perché. Dalla mia esperienza posso ad esempio dire che in classe di Lorenzo, una classe di bambini tutti molto ben educati, le madri vedendomi arrivare a scuola con la scorta mi prendevano in giro, le sentivo dire “ecco la principessa, chissà chi si crede di essere”. Ecco, venivo derisa. E che senso ha spiegare a quei bambini cos’è la ricerca della legalità se poi i genitori stessi ne deridono le possibili conseguenze? Nell’educazione è importante la coerenza tra quello che si dice e quello che si fa».
E lei a otto anni aveva già ricevuto degli esempi dai suoi genitori?
«Proprio a quell’età i miei si sono separati. È stato un momento della mia infanzia molto triste ma è stato allora che ho cominciato ad assaporare i piccoli momenti di felicità, come poter bere una semplice lattina di Fanta o vedere i miei genitori riuniti per il mio compleanno».
Qui a Forlì questa è la “Settimana del buon vivere”, in tutta Italia è la settimana di “Io leggo perché”, l’iniziativa attraverso cui si dona un libro alle biblioteche scolastiche. Che valore attribuisce ai libri nel processo educativo?
«Chi legge sviluppa capacità cognitive che valgono oro. Sono sempre stata una lettrice, fin da piccola, e ho trasmesso questa passione ai miei figli, con l’esempio, insieme a mio marito. Adesso il maggiore, Lorenzo, che fa il liceo, comincia a fare le sue scelte autonome. Un libro è l’educazione per antonomasia».
Per lei cos’ è “buon vivere”?
«È la possibilità di poter dire no davanti a qualcosa che non riteniamo giusta. È la libertà di scegliere da che parte stare». Federica Angeli, “Il gioco di Lollo”, Baldini e Castoldi, 2019, pp. 287, euro 15,30; disponibile in ebook