Bob Dylan & The Band - The 1974 Live Recordings
Il 3 gennaio 1974 Bob Dylan chiama la Band di Robbie Robertson che già aveva voluto con sé in ”Planet waves”, il nuovo lp in uscita di lì a pochi giorni, e la porta sulla strada per un mese e mezzo, dando vita a quello che sarebbe diventato il più importante evento rock dell’epoca. Questo box di 27 cd documenta quel tour, i cui numeri parlano da soli: 40 concerti in 30 tappe, alcune con due show, uno diurno e l’altro serale, in 21 città americane.
“The 1974 live recordings” contiene 417 tracce live inedite, che ci danno l’opportunità di analizzare, seppur brevemente, la musica del songwriter di Duluth, artefice di canzoni che sono state fonte di ispirazione per molti altri artisti. Brani, quelli del musicista americano, contraddistinti da una certa libertà di articolazione strofica e nei quali, il più delle volte, si riscontra una fusione altissima tra penetrazione poetica e musica: i testi (vettori di nuove modalità di conoscenza, visionari, a tratti surreali, pieni di metafore bibliche e coscienti del Rinascimento americano e dei poeti europei) si uniscono alla melodia per creare profondità [“Parole di disillusione scoppiano come proiettili / Mentre divinità umane prendono la mira per i loro obiettivi / Costruiscono di tutto, da armi giocattolo che scintillano / A Cristi color carne che splendono al buio / È facile da capire senza dover guardare molto lontano / Che non c’è molto di veramente sacro” (It’s Alright, Ma); “Mamma di ferro / Con la carne che ti balla sulle ossa / Devo andare giù al fiume e prendere dei sassi / Tua sorella è sull’autostrada con quella ciurma di guidatori di acciaio / Tuo papà è nella casa grande, i suoi giorni di lavoro sono finiti / Mamma di ferro / Posso soffiarti addosso un po’ di fumo?” (Tough Mama); “Possa Dio benedirti e proteggerti sempre / Possano tutti i tuoi desideri diventare realtà / Possa tu sempre fare qualcosa per gli altri / E lasciare che gli altri facciano qualcosa per te / Possa tu costruire una scala verso le stelle / E salirne ogni gradino / Possa tu restare per sempre giovane / Per sempre giovane per sempre giovane / Possa tu restare per sempre giovane” (Forever Young)]. “Il suo modo di dividere metricamente - ha scritto Gino Castaldo a proposito di Dylan - è stato innovativo, geniale, proprio perché ha reso musicale ciò che sulla carta non lo sembrava affatto”. Nelle sue canzoni, gli elementi in gioco - folk, blues, country, rock - sono ben rifusi e, soprattutto, assolutamente personalizzati; e lo stesso si può dire per quanto attiene al canto: la voce del cantautore statunitense, assai poco regolare e incredibilmente espressiva (e che crea costantemente contromelodie rispetto a quella lineare che viene in qualche maniera resa implicita...), ha dato il via ad una vera e propria rivoluzione riguardo a un modo di cantare, levigato e artificiale, tipico della musica leggera americana precedente gli anni Sessanta.
“In questo tour, tra il set collettivo e quello della sola Band, c’è una parte acustica per voce, chitarra e armonica: la più intensa. È qui, alla fine, che il tono di Dylan si trasfigura in qualcosa di fiero e aggressivo, con le parole incatenate l’una all’altra come nel migliore ‘flow’ rap: per definirlo, la parola ‘punk’ non è certamente fuori luogo” (Valeria Rusconi).