Anche la Gambalunga di Rimini celebra oggi il “Dantedì”

Cultura
  • 25 marzo 2025

Torna il DanteDì e quest’anno il 25 marzo la Biblioteca Gambalunga di Rimini rende omaggio al poeta esplorando il legame tra Dante e il primo Giubileo della storia, celebrato nel 1300 (sul sito https://bibliotecagambalunga.it/news/dantedi-2025). Un evento epocale, istituito da Papa Bonifacio VIII, che portò a Roma folle di pellegrini in cerca di indulgenza e ispirò alcuni dei più celebri versi dell’Inferno.

Non sappiamo con certezza se Dante abbia assistito di persona all’afflusso di fedeli nella Città Eterna o se ne sia venuto a conoscenza successivamente, nel 1301, quando vi si recò come ambasciatore di Firenze presso Bonifacio VIII. Tuttavia, nella Divina Commedia, descrive con straordinaria precisione il movimento ordinato dei pellegrini sul ponte di Castel Sant’Angelo, diviso da una transenna per regolare il flusso della folla durante il Giubileo:

“da l’un lato tutti hanno la fronte verso ‘l castello e vanno a Santo Pietro, da l’altra sponda vanno verso ‘l monte.”

(Inferno, XVIII, 28-30)

L’idea del viaggio eterno e della condanna è magnificamente rappresentata in un’incisione conservata nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Biblioteca Gambalunga. Si tratta di una litografia della fine degli anni Cinquanta del XIX secolo, eseguita da un artista di cui conosciamo solo il nome, V. Bianchini. La sua opera ricalca schemi iconografici tradizionali, riproponendo l’immagine dell’Inferno come un cono rovesciato, un’idea già resa iconica da Sandro Botticelli nel XV secolo.

Nella stampa conservata in biblioteca, l’Inferno domina la parte centrale della composizione, incorniciato da dieci vignette che raffigurano, nella parte superiore, l’Antinferno e la selva oscura, mentre ai lati troviamo scene tratte dai canti I-VI, con due vignette dedicate al VII, tra cui quella delle Malebolge. Qui, i fossati concentrici dell’Inferno sono rappresentati come mura fortificate attraversate da ponti di roccia, evocando le strutture delle cittadelle medievali. I chiaroscuri della litografia trasmettono il senso di affanno, caos e dolore delle moltitudini dannate, le quali, pur immerse nella sofferenza, sembrano accettare con rassegnazione il proprio destino eterno.

Un ulteriore elemento che testimonia l’influenza del Giubileo nel viaggio dantesco emerge più avanti, nel canto XXXI dell’Inferno, quando Dante giunge al pozzo dei giganti e menziona un altro celebre simbolo di Roma: la Pigna di bronzo della Basilica di San Pietro. Quest’opera colossale, un tempo situata davanti al Mausoleo di Adriano o al Pantheon, fu successivamente spostata da Papa Simmaco IV nel portico della basilica vaticana. La sua imponenza, con oltre quattro metri di altezza, ispirò Dante nel paragonare il volto del gigante Nembrot proprio alla Pigna di San Pietro.

L’immaginario dantesco prende vita nelle illustrazioni di Paul Gustave Louis Christophe Doré, che nelle sue celebri incisioni della Divina Commedia amplifica il senso del fantastico e del sovrannaturale. Nella rappresentazione di Nembrot, il gigante appare come un colosso mostruoso, con un’espressione ottusa e bestiale, il corpo massiccio che emerge dalle tenebre e proporzioni spropositate rispetto a Dante e Virgilio, che appaiono minuscoli ai suoi piedi. Nella tavola dell’edizione Sonzogno del 1869, conservata alla Gambalunga, il tratto drammatico di Doré esalta la potenza visiva del poema dantesco, con un sapiente uso di ombre e prospettive che conferisce alla scena un’aura di inquietante grandiosità.

Per conoscere le preziose testimonianze dantesche conservate in Gambalunga è on line il tour virtuale “Le opere di Dante nella storia della Gambalunga”

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