Una vicenda partita dalla Riviera anche perché oltre ai reati di natura economica e finanziaria, sono stati documentati, come riferito dai vertici della guardia di finanza, «ripetuti episodi di intimidazione, minacce e, in alcuni casi, vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati di aderire alle richieste» del sodalizio criminale. Tra le vittime di minacce e di aggressioni non ci sono però solo degli imprenditori, ma anche dei pubblici ufficiali, ad esempio degli agenti di polizia locale e il dipendente di una società appaltatrice di Hera (ufficiale giudiziario) che stavano facendo dei controlli. Avvenne a Cesenatico e di questo si parlò nel Comitato per l’ordine e la sicurezza. Una goccia in più nel mare di sospetti sui cospicui investimenti fatti in piena emergenza Covid, che hanno ovviamente insospettito e messo in guardia gli investigatori.
Le misure cautelari
Nelle indagini 5 misure cautelari riguardano una intera famiglia di origine calabrese residente a Cervia, un prestanome che abita a Imola, un bolognese residente a Cesenatico. Oltre al politico di centro destra Francesco Patamia, che ha bazzicato a lungo la riviera. A Cervia il capofamiglia Saverio Serra, originario di Vibo Valentia, 51 anni, è finito in carcere; mentre è stato stabilito l’obbligo di dimora per la moglie Annunziata Gramendola, 47 anni, e per il figlio Leoluca Serra, 21 anni. A Imola è invece finito agli arresti domiciliari il 48enne Antonino Carnovale. A Cesenatico invece stabilito l’obbligo di dimora per il 51enne Alessandro Di Maina.
Le aziende coinvolte
Diverse anche le aziende coinvolte. Come la cesenaticense “Dolce Industria” dichiarata fallita dal tribunale di Forlì nel novembre 2019, e che aveva la sede operativa a Cervia, in via Levico. Stesso indirizzo di ben due società sempre del ramo pasticceria che risultano essere gestite dai Patamia con il concorso anche di Serra e che sono state sequestrate. Sono due srl dal nome quasi identico: “Dolciaria Italiana” e “La Dolciaria Italiana”. A Bagnacavallo invece è stato sequestrato il “Forno Imolese”, con laboratorio operativo appunto a Imola e riconducibile a Carnovale. Invece a Faenza è stata sequestrata l’azienda “Trecentosessanta”.