Cesenatico: "Troppi limiti alle zone di pesca"

Una dopo l’altra, verranno meno le aree di mare dove poter pescare. È il succo di un allarme lanciato dai pescatori di Cesenatico, che fanno un appello perché venga garantito uno spazio marino e di lavoro. Denunciano che l’Adriatico, al largo dei 130 chilometri della costa dell’Emilia Romagna, è destinato a diventare tutto un’insidia e un ostacolo per per chi campa di pesca, attività sempre più vietata, con seri rischi anche per l’incolumità degli equipaggi. Ad aggravare la situazione c’è inoltre la fragilità di quella zona di mare sotto l’aspetto del mantenimento degli stock ittici.
Con la previsione dell’arrivo sotto costa del nuovo rigassificatore a Ravenna, dopo quello attivo a Porto Viro, destinato a funzionare a ciclo aperto, i pescatori temono un nuovo forte impatto sull’ecosistema marino, a partire dalle vongole nel primo miglio e mezzo dalla costa, dove i banchi sono sempre più rarefatti.
Inoltre, in settembre si è deciso l’ampliamento del cono di mare d’ingresso per le navi al porto di Ravenna, dove sono stati interdetti dall’oggi al domani sia la pesca che lo stazionamento. È l’area dove, oltre 11 miglia al largo di Ravenna, il 19 ottobre è colato a picco il peschereccio “Lugarain” di Cesenatico, dopo essere centrato dalla nave cargo “Mika” battente bandiera danese.
A tutto ciò va aggiunta la previsione di una superficie marina di 140 chilometri quadrati che sarà occupata dal parco eolico del progetto “Agnes”, che prevede 75 turbine eoliche in mare aperto, delle quali 55 fuori Ravenna (Romagna 1) e le altre 20 in direzione sud-est, da Cervia a Bellaria.
Sta insomma prendendo forma un insieme di scelte che minacciano di dare il colpo di grazia alla pesca romagnola, già in crisi.
Cesarini: «Mare ormai chiuso»
Claudio Cesarini, armatore e presidente dell’Associazione produttori pesca Cesenatico, si fa portavoce delle perplessità dell’intera categoria. «Il mare è ormai chiuso per noi pescatori - dice - Ci sono sempre più impedimenti: piattaforme metanifere e condutture sottomarine da evitare, il poligono di tiro da cui tenersi a debita distanza, la zona di tutela biologica, e adesso è stato comunicato che il mare verrà riempito con tante pale e piattaforme eoliche. A quel punto, dove andremo mai a calare le reti?. Non ci sarà più posto per il lavoro che abbiamo sempre fatto e vorremmo continuare a fare, in sicurezza. Sì, perché con un mare sempre più disseminato di ostacoli si pone anche la questione dei rischi per barche e pescatori. Prendiamo, ad esempio, l’ampliamento del cono d’ingresso al porto di Ravenna dove è interdetta la pesca, in vigore, con ordinanza dell’autorità marittima dal 7 settembre 2022. Attorno a quest’area di mare si svolgeva il 50% della pesca annuale per i pescherecci di Porto Garibaldi, Cesenatico e Rimini permettendo di procurare grosso modo fino al 60% dei ricavi della imprese ittiche. Con la realizzazione anche del parco eolico non avremo praticamente più spazi liberi se non navigando a 37 chilometri dalla costa. Una distanza a cui non sono certo abituate tutte le nostre imbarcazioni, in particolare quelle sotto i 24 metri, tanto più in caso di maltempo».Drudi: «Scelte non concertate»
Il direttore della cooperativa “Casa del pescatore” di Cesenatico, Mario Drudi, incalza: “Quella dei pescatori è una categoria di lavoratori responsabili, che comprende l’emergenza energetica che stiamo vivendo. Tuttavia, per quanto riguarda il rigassificatore e la collocazione del parco eolico in mare, non si può non evidenziare che le scelte fatte non hanno minimamente tenuto conto di tutte le attività produttive che dal mare traggono reddito e sostentamento. Così come si è ragionato esclusivamente di ingresso e uscita dal porto di Ravenna, senza preoccuparsi della sicurezza nella navigazione di tutte quelle imbarcazioni che comunque quegli areali marini frequentano quotidianamente».Drudi lancia un messaggio finale angosciante: «Il dubbio è che il futuro del nostro mare sia orientato sul versane industriale-energetico, costringendo chi vive di mare a cambiare mestiere. E dal percorso decisionale che ha portato a fare queste scelte le associazioni dei pescatori e sindaci di territori con importanti marinerie sono stati esclusi o coinvolti tardivamente».