Scomparsa da Cesena: una “denuncia diretta” a Boke per tornare a caccia della verità su Cristina Golinucci

Cesena
  • 14 marzo 2025

«Gli avvocati che mi seguono nella lotta alla ricerca della verità, ed in particolar modo Barbara Iannuccelli, stanno completando una denuncia diretta alla figura di Emanuel Boke. Per poterlo rintracciare e capire quello che sa e che non ha mai detto». Marisa Degli Angeli, la mamma di Cristina Golinucci, la ragazza di Ronta scomparsa nel lontano 1992, ha anticipato ieri pomeriggio durante un talk show televisivo quella che sarà la strada che verrà intrapresa per far emettere un ordine di rintraccio internazionale a carico di Emanuel Boke, il sudafricano che era ospite del convento dei frati Cappuccini quando Cristina scomparve.

Mamma Marisa ha partecipato in diretta ieri pomeriggio, chiamata in causa dai conduttori Francesca Pierri e Gianluca Scarlata al programma “Psiche Criminale” sulla nuova emittente Cusano Tv (Canale 122 del digitale terrestre). Un format di approfondimento sui crimini in onda per una buona fetta di pomeriggio in un canale che ha l’intero suo palinsesto giornaliero impostato su tematiche “true crime”.

Marisa è stata chiamata a ripercorrere gli anni delle indagini, sottolineando come nel tempo siano stati troppo sottovalutati i “campanelli d’allarme” della scarsa “normalità” di quello che soprattutto all’inizio era stato catalogato come un allontanamento volontario.

Ha ripercorso i tanti anni di sofferenza rinnovando la richiesta di verità sulla sorte di sua figlia a chi la conosceva e agli ambienti ecclesiastici dell’epoca. Arrivando poi fino ai tempi attuali quando, dopo l’ultima indagine che ha analizzato anche altri predatori sessuali cesenati in azione all’epoca dei fatti, gli investigatori e la Procura hanno archiviato l’ultimo fascicolo su Cristina sottolineando l’assoluta «necessità di rintracciare Boke».

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Gli elementi

«È da qui che siamo ripartiti - spiega l’avvocato Iannuccelli a diretta conclusa - Le risultanze dell’ultimo fascicolo d’indagine spiegano bene come le ulteriori figure di molestatori e violentatori sondati abbiamo un profilo diverso da chi può aver ucciso Cristina. Quando le vittime si ribellavano ad esempio, l’ultimo dei profili analizzati è stato quello di una persona che scappava sempre alle grida della sua vittima. Su Boke invece abbiamo sentenze di tre violenze commesse tra Italia e Francia. Con le vittime che parlano sempre di una “cintura stretta al collo” e di un violentatore che all’apparenza stava anche per ucciderle». Un profilo insomma identico ad una persona che avrebbe potuto aggredire Cristina sorprendendola all’ingresso del convento alle 14 circa di quel maledetto 1 settembre 1992.

Boke era in convento. E dopo una prima fase d’indagine negli anni della scomparsa in cui veniva descritto come «isolato e incapace di comunicare con l’esterno», prima è emerso che in carcere aveva almeno una volta confessato a padre Lino di avere a che fare con la morte di Cristina. Poi il riascolto recente delle intercettazioni su di lui in cella sottolineano come «non fosse in convento». Infine si apprende che era l’unico ad avere una stanza tutta per sé, il permesso di muoversi senza patente ma con l’auto di uno dei frati e le chiavi per entrare ed uscire anche di notte dalle mura conventuali. «L’area del convento era piena di lavori in corso e di terra “smossa”. Tutte condizioni favorevoli per un potenziale violentatore-assassino». E sul fatto che Boke sia quanto meno un violentatore ci sono sentenze, italiane e francesi, che lo certificano. L’avvocato Iannuccelli sta completando le carte di una denuncia che verrà presto depositata in Procura a Forlì. Darà modo - ora che il dna di Boke è stato incrociato con quello del nominativo diverso che ha dato in Francia prima di essere condannato per stupro - di aprire le porte ad un mandato di ricerca internazionale. Per rintracciarlo comunque si chiami o si faccia ora chiamare, e chiedergli conto del suo ruolo nella scomparsa della 21enne di Ronta.

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