La Polizia corrotta, la lettera anonima, il blitz in Polonia: “Ecco come abbiamo riportato Noemi a Cesena”

Cesena
  • 07 giugno 2024

Noemi è tornata a Cesena ed ora è a casa sua, con suo padre dopo un lungo viaggio in auto dai confini con l’Ucraina e la Romagna in compagnia del padre Filippo e della nonna paterna.

L’operazione che ha consentito al genitore cesenate della bimba di tornare a riabbracciare la figlia che era “scomparsa nel nulla” dal 21 settembre del 2021 è degna della trama di un film d’azione americano. Fatta di politica inerme, poliziotti corrotti, giudici ostacolati, anonimi angeli, inseguimenti e bugie. Una trama appassionante, se non fosse una storia vera e che a subirla è stata una bimba che non ha nemmeno compiuto ancora 10 anni, ed un padre che per tanto tempo ha dovuto lottare contro i mulini a vento.

«La piaga dei rapimenti di bambini in Polonia non posso augurarla a nessuno. Noemi ora è con me perché ho avuto il tempo, la capacità e le possibilità economiche e lavorative di dedicarmi h24 a ritrovarla. Nel 95% di tutti gli altri casi che possono accadere uguali al mio non sarebbe possibile arrivare al lieto fine. Un elemento su cui serve riflettere».

La storia

Noemi poco dopo la sua festa di compleanno del 2021 esce dall’Italia con la madre per andare in Polonia. Nei primi tempi entra in contatto con il padre al telefono. Poi sempre meno. Poi più nulla. La bimba e la madre sembrano sparite dalla faccia della terra. La donna non vuole più riportarla in Italia e non vuole più che venga a contatto col padre. Scattano le denunce. Ed iniziano “le burocrazie”. Noemi diventa pian piano prima una “bambina scomparsa”. Poi ufficialmente una bambina rapita. Poi i giudici italiani sentenziano che debba stare col padre. Ed anche a livello europeo sono emessi diktat di rintraccio e che tolgono la potestà alla mamma. Niente. Non c’è modo di rintracciarla. Il fatto che una bimba possa essere portata via al padre dalla madre è legalmente tollerato in Polonia. E anche con sentenze in pugno non si riescono a mobilitare le forze dell’ordine polacche sulle tracce di Noemi che sembra non avere residenza, non un pediatra, non un amico, non una traccia che possa permettere al padre di rintracciarla.

Filippo Zanella parte per la Polonia. E dopo una manifestazione in piazza a Cesena assieme all’associazione Penelope e al Comune che gli danno sostegno, annuncia che non sarebbe tornato senza sua figlia. «Ed è stato complicatissimo. Ho imparato il polacco per cercare di interagire meglio con le autorità e con le persone. Ho girato località, chiesto, bussato a tante porte ed anche a quelle dei parenti della mamma di Noemi. Che dicevano di non sapere nulla. I giudici mi autorizzavano al recupero della figlia. Ma non si sapeva dove fosse. In un luogo d’Europa dove le leggi sui rapimenti dei figli sono blande e dove sono le madri ad essere tutelate anche a dispetto delle norme.

L’angelo e la spia in polizia

A dare la svolta è stata una lettera anonima. «Di un angelo - prosegue nel racconto Filippo Zanella -. Inviatami quasi un mese fa per posta prioritaria. Conteneva l’esatta località, Rzeszòw (dove le sentenze dei giudici sono più nazionaliste e meno europeiste sul fronte dei bambini rapiti) e l’esatto punto dove si trovava Noemi. Io, mia madre e un investigatore privato abbiamo fatto tre settimane di appostamenti per vedere Noemi e come si muoveva. Cosa facesse di giorno ed in compagnia di chi. Aveva un pediatra ma non andava a scuola. Quando non era in casa con la madre veniva data in custodia a sconosciuti, e passava molte ore del giorno in un edificio ecclesiastico. Non so se l’angelo che me l’ha fatta ritrovare mi abbia scritto anonimamente da lì dentro. Di certo abbiamo capito ben presto anche che se Noemi “non si trovava” era perché all’intero della polizia polacca c’erano persone corrotte. Ed una “talpa” che avvisava la mamma di Noemi di eventuali pericoli».

La conferma di un infiltrato nelle forze dell’ordine Zanella l’ha avuta presto. Un parente della madre di Noemi è tra l’altro un ex poliziotto in vista in Polonia. «Quando il giudice ha firmato l’ordine con il quale mi si dava il permesso di recuperare Noemi, sua madre l’ha saputo da qualcuno. Subito. Noi siamo arrivarti sul posto in compagnia della polizia di Rzeszòw e di personale dell’ambasciata italiana a vigilare che non ci venissero posti ostacoli. La madre è uscita di casa con Noemi perché sapeva che stavamo arrivando. Abbiamo dovuto inseguirla di corsa. Con tanto di persone che non capendo cosa stesse accadendo e vedendo la scena concitata hanno cercato di fermarci e di fermarmi. Con il poco polacco che sono riuscito ad imparare sono riuscito a farmi capire. E a spiegare a Noemi che doveva venire con me. Non ha più parlato italiano da quando era uscita dall’Italia. Ed era scossa ed agitata. Ora è nell’altra stanza, con sua nonna. Ridono e si stanno asciugando i capelli. Come tutti i bambini avrà velocemente modo di recuperare l’istruzione che le è stata negata in questo tempo ed il rapporto con il padre, i nonni, la sua città, e con i coetanei, che in quasi 3 anni non ha mai frequentato. Mentre a sua madre, su cui pende un processo ancora in fase di definizione in Italia, è stato detto che ora non può avvicinarsi a più di 500 metri da Noemi. Pena: l’arresto.

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