Gobbi, “Meghe” e “Ugo”, da Cesena sul palco al tour europeo con Vinicio Capossela: “Un’esperienza coinvolgente e intensa”

Cesena

Ancora increduli. Ancora immersi nell’intenso vortice di emozioni nel quale sono entrati. Come il suo repertorio oscilla tra stupore e follia il racconto del cantautore cesenate Giuseppe Gobbi. Che insieme alla sua band di concittadini: il chitarrista Francesco “Meghe” Lucchi e il tastierista Andrea “Ugo” Ugolini ha avuto la fortuna di vivere «un’esperienza di crescita professionale e umana» hanno detto.

Bruxelles, Barcellona, Madrid, Berlino, Parigi e Karlsruhe le tappe dell’ “incantevole” viaggio che dal 23 novembre al 12 dicembre ha portato i tre musicisti a vivere il sogno «di un primo tour internazionale». Il compito non di quelli semplici. Dedizione, passione, proposte e un pizzico di fortuna: l’armonia che ha permesso a Gobbi&Co di aprire i concerti europei di Vinicio Capossela.

Il tour

«È nato tutto dalla vittoria di un bando della Regione Emilia-Romagna per la promozione della musica emergente - ha spiegato Gobbi - l’Ente e Imarts, l’agenzia che segue Capossela, hanno accettato il mio progetto». Concorrenza sbaragliata: «Credo abbiano premiato la mia identità; il linguaggio e il contenuto delle mie canzoni». Da Cesena - anche se Gobbi ora risiede a Milano - alle metropoli d’Europa. «All’inizio sembrava tutto assurdo (ride cfr.) - ha raccontato Francesco - Nella prima parte del tour abbiamo girato in aereo: monta e smonta la pedaliera per farla entrare nei bagagli, spiega alla sicurezza che non sono ordigni, ma attrezzature per suonare dal vivo: hanno fatto di tutto per testare il mio grado di sicurezza (ride ancora cfr.)». Surreale, ma magico: «La seconda parte è stata fantastica. Abbiamo viaggiato nel pullman di Vinicio e la sua band. Ci spostavamo di notte finiti i concerti e la mattina seguente come arrivavamo nella nuova città gli addetti iniziavano ad allestire». Dettagli, fanno la differenza. «La mattina visitavamo le città - ha riportato Ugolini - siamo finiti addirittura a fare shopping». «Non hanno un minimo di senso estetico» ha precisato sornione Gobbi che li ha costretti all’acquisto di abbigliamento “adeguato”.

Pubblico

Staccare la mente per averla libera nel momento clou. «Le nostre esibizioni duravano venti minuti - ha detto il cantautore - abbiamo proposto brani del mio nuovo Ep ‘Voglio farmi notare’ che uscirà a gennaio. Come i singoli ‘Pelle di peperone’ e ‘Ce ne andremo così’». Non senza agitazione: «Ero preoccupato perché mi piace molto dialogare col pubblico durante i live solo che non parlo lingue straniere. Così a ogni concerto chiedevo quanti italiani ci fossero: quasi tutta la sala alzava la mano». L’essenza di un viaggio: i luoghi. «Abbiamo suonato in location meravigliose come quella di Barcellona». «La Paloma, sala da ballo più antica d’Europa; costruita a inizio Novecento: un intreccio di stili tra liberty e art nouveau» ha sottolineato Francesco, architetto e appassionato di storia dell’arte. Pensieri, parole e musica: Gobbi ha colpito il pubblico lì dove era più vulnerabile: «Il valore di questi concerti risiede nel bisogno sincero e spontaneo di questi italiani. Al giorno d’oggi la musica sta perdendo la sua funzione primordiale: l’ascolto. Mi sono confrontato con persone animate da un forte desiderio di sapere cosa stesse succedendo a livello emergente, underground, locale. È gente che soffre la lontananza dalla propria terra e attraverso questi eventi riesce a riavvicinarsi». Riconoscenza: «Nello stacco tra noi e l’inizio del concerto di Vinicio - ha raccontato Andrea - giravamo per i locali e il pubblico ci fermava per farci i complimenti, per chiederci chi fossimo, da dove venissimo. Volevano ricordarsi di noi». Tra le tante date anche quella iconica del Bataclan di Parigi: «Bellissimo e difficile da credere - ha detto Lucchi - saliamo sul palco e c’erano già più di 200 italiani in platea!».

Capossela

Un ‘music trip’ seguendo Vinicio, ma inseguendo un sogno. «Suonare con Vinicio è qualcosa di indescrivibile - ha dichiarato il chitarrista - e la dimostrazione è chi gli sta intorno: musicisti, tecnici, fonici, autisti, truccatori. È capace di creare un ambiente professionale, ma rilassato. A fine concerto ci chiamava sul palco per l’inchino al pubblico a evidenziare quanto fossimo tutti parte del progetto». La firma di Capossela sull’attestato di stima per i tre è arrivata l’ultima sera: «Ci ha invitati a suonare il suo brano più celebre ‘Ovunque proteggi’ - ha raccontato Gobbi - per festeggiare con noi la chiusura della tournée». «Quando ce lo propose a Berlino pensavamo scherzasse - ha ammesso Andrea - poi l’ha fatto veramente».

Venti giorni trascorsi a fianco del polistrumentista più eclettico del panorama folk, jazz e world italiano. «Capossela porta con sé un’aura mistica - ha affermato Gobbi - Mi ero imposto di non disturbarlo perché non sapevo come avrebbe reagito. Invece, ho percepito un ‘padre’ carismatico che ha fatto di tutto per coinvolgerci». Opposti che si attraggono: «Temevo che la mia musica fosse troppo distante dalla sua e che non si creasse alchimia. Poi abbiamo capito che più sei lontano dal suo mondo più Vinicio è attratto». Ammirazione: «Mi ha colpito la curiosità che, alla soglia dei 60 anni, lo porta ancora a sperimentare e divertirsi». «Unico!» la definizione secondo Ugolini che ha sancito la fine del primo capitolo di questo emozionante diario di viaggio. Che per Gobbi continuerà nel progetto di ‘farsi notare’. Per Meghe e Ugo: «Nell’intervenire per dare ulteriore profondità e valore ai pezzi di ‘Giuse’» . «Per adesso e per quando tornerà l’incanto» - firmato, Vinicio Capossela.

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