Due musicisti cesenati alla "corte" di Morricone

Cesena

CESENA. Fra i tanti che possono vantare ricordi professionali legati al maestro Ennio Morricone, ci sono due musicisti romagnoli che, unici cesenati, hanno suonato per quasi vent’anni nella grande Orchestra Roma Sinfonietta (93 elementi oltre al coro), con cui Morricone ha portato la sua musica nel mondo. Sono Renzo Brocculi (1946) e Valentina Brocculi (1974), padre e figlia, entrambi trombonisti, lui primo, lei secondo trombone. I ricordi di quei giorni intensi e frenetici si confondono ripensando alle decine di città toccate. «Abbiamo suonato in mezzo mondo – ricordano – e sempre fra ovazioni e ripetuti bis. Dalla Royal Albert Hall di Londra, al Palazzo dell’Onu di New York, davanti al segretario generale Ban-Ki Moon. Ma anche in Cile, in Brasile, in Cina, Giappone eseguendo sette bis, Polonia, Lituania e Mosca, e poi in Irlanda, Francia, Spagna Portogallo, ma anche nelle nostre belle città Roma, Firenze, Venezia, perfino al Centenario della Cgil; fino alle occasioni più prossime, come a Rocca San Casciano, o nel 2008 a Sarsina per il Millenario della Cattedrale e al Pala De Andrè di Ravenna per la Cocif».
Renzo e Valentina
I ricordi tornano alle mente in modo diverso perché quell’esperienza è stata vissuta diversamente. Renzo Brocculi per anni aveva suonato come primo trombone nelle orchestre Rai, a Torino e a Roma, per altri quindici insegnò al conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena. Non appena Luigi Lanzillotta, fondatore dell’Orchestra Sinfonietta, gli propose di fare il primo trombone diretto da Morricone, Renzo accettò di portare la sua esperienza e il suo bel suono al maestro, che lo stimava.
Valentina Brocculi è cresciuta con la passione della musica che sua padre le faceva ascoltare; ogni volta che le veniva concesso, lo accompagnava e seguiva nei concerti. Al punto che dopo la terza media, decise di iscriversi al conservatorio scegliendo lei pure il trombone «in un tempo in cui le donne tromboniste erano ancora una rarità».
Renzo, autorevole trombonista, sapeva capire il carattere del maestro: «Morricone aveva un talento fuori dal comune, che poi tanto studio gli ha consentito di mettere in pratica. Ma il talento è così, ci nasci, non ci sono parole per spiegarlo. La musicalità nessuno sa quello che è. La sua era una musica a tutto tondo, che sapeva andare in tutte le direzioni».
Intransigente
In prova e durante il lavoro era tosto e temuto, ma lo scafato Renzo sapeva come prenderlo: «Ennio era molto intelligente, sapeva quel che voleva, ma era durissimo, intransigente, poco simpatico sul lavoro. Fuori dalla musica però era dolce, semplice, di grande umanità. Una volta durante una prova di “Mission” cominciò a sbraitare perché alcuni di noi non si impegnavano abbastanza. “Mi prendete in giro, gridava, questo pezzo dovremo suonarlo tutta la vita…”. Dall’ultima fila, nel silenzio mi alzai e gli dissi: su dai, non ti lamentare, in fondo con questo pezzo ti sei guadagnato il paradiso! Pensando a quanto aveva guadagnato coi diritti Siae. “Cos’hai detto Renzo?”, gridò. Gelo assoluto, e poi scoppiò a ridere. Alla fine mi abbracciò pure: Renzo tu hai capito lo spirito del pezzo!».
Un nonno da rispettare
Valentina al contrario in tanti anni non ha detto una parola al maestro; da un lato lo vedeva come un “nonno” da rispettare, come una grande personalità, timorosa perché così esigente; dall’altro, suo padre le faceva mille raccomandazioni perché si comportasse adeguatamente in orchestra: «Sentivo la responsabilità del mio compito, rispettavo il maestro, ne avevo soggezione ma cercavo di comprenderlo. Mi colpiva perché non dirigeva mai senza partitura, non è mai andato a memoria. Diceva di non essere un direttore d’orchestra e capivo che forse essere compositore e direttore era difficile, a volte sembrava totalmente immerso nella sua musica, sopraffatto quasi».
La semplicità del maestro fuori dal palco si traduce in un aneddoto di quei giorni: «A Londra per un suo compleanno, forse i 75 anni, facemmo una colletta per regalargli una Montblanc. Gliela consegnammo e lui ci disse: grazie, ma io la musica la scrivo con la Bic!».
Ripensando oggi a quell’avventura, resta la consapevolezza di essere stati dei privilegiati: «Davvero un’esperienza bellissima – conclude Renzo – con Morricone abbiamo girato il mondo, fra bella musica e ovazioni a ogni concerto». «Rimangono le emozioni, tantissime– gli fa eco Valentina –. Per un musicista suonare in una orchestra simile è una cosa unica, nasce un’empatia, che tu sia il primo o l’ultimo della fila senti che fai parte di quell’unico corpo».

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