Crac Ac Cesena: “Spezzato dall’Erario un risanamento che era fattibile”
Il piano per risanare il debito dell’Ac Cesena poi fallito era abbastanza solido da poter procedere senza impedimenti. Soltanto il fisco, per timore, non lo ha ritenuto idoneo. Finendo, con queste paure, a danneggiare tutti i creditori. In primis se stesso.
Ha parlato a lungo difendendosi in maniera energica e puntuale Stefano Bondi, uno degli imputati nel processo penale del crac dell’Ac Cesena, che ieri era calendarizzato per l’audizione davanti al tribunale presieduto da Marco De Leva, al pm Francesca Rago e a tutti gli avvocati difensori.
Bondi (difeso dal professor Michele Melchionda) era presidente del collegio sindacale quando la catastrofe economica s’abbatté sulla società calcistica poi fallita. Ai giudici ha rivendicato come, fino all’anno 2017, vi fossero sempre stati da parte del Cesena Calcio i presupposti di solvibilità e continuità aziendale. Il tutto anche in forza delle promozioni in Serie A e dei ricavi dal mercato giocatori. Poi nell’annata 2017/2018, l’ultima del passato Cesena, preso atto della crisi gli amministratori avevano chiesto la ristrutturazione dei debiti con un piano che per Bondi aveva tutti i requisiti per essere omologato. E che tutti i creditori diversi dall’erario avevano di fatto accettato. Solo il fisco - ha aggiunto polemicamente - ha dato parere negativo e lo ha fatto per paura, indotta dall’istanza di fallimento, finendo però così per danneggiare tutti i creditori che col piano sarebbero stati ripagati ed ora invece “recupereranno zero”.
Bondi parlando ai giudici ha anche puntualizzato come non abbia avuto senso a suo parere focalizzarsi sull’andamento del debito tributario passato. Almeno senza tenere in considerazione che quando vi fu il passaggio di società tra Igor Campedelli e Giorgio Lugaresi, il debito ammontava a circa 115 milioni di euro e che nell’ultima gestione Lugaresi lo stesso negativo si era progressivamente abbassato fino a 72 milioni.
Tra gli altri imputati attesi ieri in aula a parlare c’era il socio Mauro Giorgini che ha depositato delle memorie difensive tramite il suo avvocato Alessandro Sintucci. Giorgini ha in quelle pagine sostanzialmente ribadito di essere stato un amministratore senza deleghe. Convinto da altri amici imprenditori ad entrare nella gestione immettendo soldi nelle casse del Cesena. Il mondo della politica si era anche complimentato con tutti loro all’atto dell’ingresso. La gestione sul fronte decisionale, era però sempre in capo principalmente a Giorgio Lugaresi.
In aula è poi comparso a testimoniare Giuseppe Casamassima, segretario generale della Covisoc: la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche. A lui sono state fatte in realtà poche domande e in particolar modo sulla situazione del Chievo Calcio. Questo perché le parti hanno accettato di acquisire al posto della sua audizione il maxi verbale (datato 2019) in cui i pm titolari dell’inchiesta e il responsabile della Guardia di Finanza di Cesena gli avevano chiesto mille chiarimenti sulla società e sulla sua situazione. Casamassima ha ribadito che il flusso informativo tra Agenzia delle Entrate e Covisoc a tema Ac Cesena era diventato sistematico dopo il 2017 (relazioni il 10 di ogni mese), con report scritti sul saldo delle rate da pagare con l’erario. E come, comunque, senza la regolarità nei pagamenti dei debiti il Cesena, nei vari anni, non sarebbe mai stato iscritto al campionato.
Poi in aula Alice Calboli, di Solution Bank (la ex Credito di Romagna, referente dell’ufficio crediti), è stata chiamata a confermare come per due anni, dal 2016 e fino al fallimento, i soci abbiano volontariamente interrotto i rimborsi a loro favore tramite due distinte richieste di moratoria, che erano state accolte dalla banca. Alfonso La Ratta, vertice di quella che era la società di revisione dell’Ac Cesena dal 2014 al fallimento, ha confermato a sua volta come la Covisoc attestasse la regolarità fiscale dei conti del Cesena e che la revisione delle altre poste di debito con i fornitori e le banche dava sempre esiti sufficientemente rassicuranti. Almeno fino all’anno 2017, quando è iniziato il deterioramento.