Cesena, studenti massacrati in Bangladesh: in 150 in piazza per dire basta

La voce del pezzo di Bangladesh trapiantato a Cesena, dove nel solo territorio comunale vivono oltre 500 nuovi cittadini provenienti da quel Paese, è risuonata ieri sera in piazza del Popolo. Una voce pacifica ma determinata e straziata dagli oltre 700 morti, in gran parte studenti, causati dalla repressione brutale di una protesta divampata in quella terra asiatica.

Tutto è nato dalla decisione della Corte Suprema del Bangladesh di sbloccare un sistema che avrebbe riservato il 30% dei posti di lavoro statali ai parenti dei veterani che hanno combattuto nella guerra di indipendenza del Paese nel 1971. Quella riforma era già stata stoppata nel 2018 a seguito di una sollevazione di massa e adesso si sta provando a riproporla. Ma la reazione, soprattutto dei giovani che vogliono che venga premiato semplicemente il merito, è stata dura. E oltre alle vittime degli scontri in strada, si contano tanti feriti e un’infinità di arresti. La rivolta non si sta placando neppure dopo che è stata annunciata l’intenzione di ridurre la quota riservata dal 30% al 5%.

La protesta

Le due associazioni cesenati di cittadini originari del Bangladesh che vivono qui hanno deciso di fare sentire la loro vicinanza agli studenti connazionali che stanno lottando là e la loro opposizione a chi governa il Paese. Erano quasi 150, tra cui anche diverse donne, bambini e ragazzi. Hanno mostrato per un’ora messaggi libertari su cartelli scritti nella loro lingua, in italiano e in inglese, sventolato qualche bandiera e detto parole e intonato canti e slogan di resistenza, in maggioranza nel loro idioma. Ma una giovane si è anche rivolta in italiano ai pochi cesenati presenti, spiegando che i manifestanti vogliono che vogliono «uno Stato democratico senza abusi di potere e dove va rispettato il diritto di parola e di manifestazione e non si uccidono studenti che protestano pacificamente».

Assessore in prima linea

Presenti in piazza anche le assessore Elena Baredi e Carmelina Labruzzo, che hanno espresso vicinanza e sostegno a quanti si stanno battendo in modo non violento per il loro «diritto di studiare e di lavorare». Un «evviva gli studenti di tutto il mondo» detto da Baredi ha creato un ponte ideale tra le nuove generazioni di tutta la Terra.

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