Cesena, strage dei Bretoni: rispunta l’idea di un monumento abbozzato 41 anni fa per onorare i 5mila morti
Più di quarant’anni fa, quando era un argomento di nicchia per pochi cultori di storia medievale, l’artista cesenate Lorenzo Sirotti, venuto poi a mancare nel 2017, fu un pioniere della divulgazione di una pagina del passato da non dimenticare: il sacco dei Bretoni, il massacro di circa 5mila cesenati inermi, compiuto il 3 febbraio 1377 quando, dalle truppe mercenarie assoldate dallo Stato della Chiesa e guidate dal celebre condottiero inglese John Hawkwood, su ordine del cardinale Roberto da Ginevra. Ieri è stato dunque l’anniversario di quell’eccidio che azzerò quasi la popolazione di Cesena e che all’epoca fece grande scalpore, tanto da parlarne in ogni angolo dell’Europa. Nel 1984, proprio nel giorno della ricorrenza dell’eccidio, a Firenze si tenne un convegno di cui fu protagonista, assieme a Lorenzo Sirotti, il compianto Michele Massarelli, uomo di sconfinata cultura e allora timoniere di Italia Nostra. In quella occasione, che fu uno dei primi incontri pubblici in cui si puntarono di nuovo i riflettori su quella strage, al circolo “Morandi”, fu anche presentato il bozzetto di un monumento alla memoria che l’artista cesenate, di cui il figlio Massimiliano ha raccolto l’eredità e anche la passione per la storia (nel 2016 gli è stato commissionato il disegno del palio della Giostra cittadina dei cavalieri), aveva proposto di realizzare. Ora suo nipote, Daniele Braschi, altro grande amante delle radici del territorio, rispolvera quell’idea, di cui è ancora conservato il disegno che raffigura come Sirotti l’aveva pensata.
«Mio zio ha scartabellato e ricercato tutto il materiale pre-Internet sul sacco dei Bretoni - spiega Braschi - per raccontare una storia da conoscere ma non raccontata o raccontata male. I fiorentini si dimostrano più interessati all’argomento rispetto ai cesenati: in quegli anni sembrava che non si potesse parlare di quella vicenda nella città dove si era svolta, forse perché scomoda per la Chiesa». Più di recente studiosi locali come Andrea Sirotti Gaudenzi (anche con un libro premiato) e Franco Spazzoli hanno recuperato questa pagina del passato, che anche sul fronte teatrale ha attirato l’attenzione di Roberto Mercadini, che ci ha costruito attorno una appassionante narrazione, che ha messo in scena qualche anno fa. Sul fronte politico, è stato finora l’ex assessore alla Cultura, Daniele Gualdi il più sensibile al tema, arrivando a suggerire la creazione di un piccolo spazio museale, magari multimediale, dedicato proprio al sacco dei Bretoni.
Tra l’altro, Braschi ha una sua ipotesi sulle colpe della strage: «Io penso che i Malatesta guerrafondai di Rimini, più esperti di guerra, non si fecero carico delle loro quote di “profughi Brettoni” che la Chiesa, visto l’arrivo dell’inverno con l’Appennino innevato, fece soggiornare nei suoi territori “protetti”. Se avessero fatto il loro dovere, la cosa sarebbe stata meno esplosiva». E invece, l’alta concentrazione di mercenari in uno spazio ristretto fece dilagare le angherie e a quanto pare fu proprio la reazione di macellai a cui non veniva pagata la carne che i soldati prendevano per nutrirsi a innescare la reazione di una parte della popolazione, che peraltro si era sempre mostrata fedele alla Chiesa. E da lì partì la feroce rappresaglia, che cancellò dalla faccia della Terra la maggior parte degli abitanti del territorio cesenate. Ora è rispuntata fuori questa stimolante proposta di sottolineare l’importanza di quel terribile evento con un segno artistico, come potrebbe essere la realizzazione del monumento già pensato da Lorenzo Sirotti, cesenate che nacque 93 anni fa e a metà degli anni Cinquanta si trasferì per lavoro prima a Pisa, poi a Sansepolcro, quindi a Rimini, dove si stabilì definitivamente nel 1963. Da quell’anno iniziò a dipingere con continuità quelli che, come ha ricordato suo figlio Massimiliano, lui stesso definiva «quadri musicali», in bilico tra informale e figurazione fantastica.