Cesena, scomparsa Cristina Golinucci: evento per il 54° compleanno, «manca l’ultimo tassello del puzzle per arrivare a Boke»
«Abbiamo costruito un puzzle con le nostre indagini e ricostruzioni sul caso di Cristina. Manca solo un ultimo tassello e sono ottimista nel dire che a breve lo metteremo. Anche dopo l’ultima archiviazione da parte della Procura, il nostro lavoro non si è fermato ed abbiamo trovato tante altre cose. A breve saprete tutti se abbiamo ragione oppure no sulla sua sparizione». Lo ha detto Barbara Iannuccelli, avvocata della famiglia Golinucci e dell’associazione “Penelope”, dal palco del teatro “Victor” di San Vittore, nella serata organizzata, dal “Teatro delle Lune” in collaborazione con “Penelope Emilia Romagna”, per ricordare Cristina Golinucci nel giorno del suo 54° compleanno. Lo avrebbe festeggiato assieme alla sua famiglia se il 1° settembre 1992 non fosse scomparsa dopo essersi recata al convento dei frati Cappuccini, dove aveva appuntamento con padre Lino. E dove, secondo la Iannuccelli e mamma Marisa, avrebbe incontrato il suo assassino. La pista seguita porta a Emanuel Boke, l’uomo di colore all’epoca ospitato in quel convento: sarebbe lui l’uomo coinvolto nella sparizione e forse nell’omicidio di Cristina. Nuove prove, secondo l’avvocata, sarebbero emerse da informazioni reperite dal pool di avvocati della famiglia Golinucci, che dal 2021 ha ripreso in mano i faldoni dell’inchiesta, colmando tante lacune.
La frase durante lo stupro
«Quando abbiamo chiesto l’accesso agli atti la prima volta alla Procura di Forlì Cesena, ci aspettavamo di tutto e non certo un misero fascicolo di circa 1.000 pagine, per di più lacunose - ha detto Iannuccelli - Dopo la nostra ricostruzione degli atti, accedendo agli archivi delle caserme sul territorio, abbiamo colmato le tante lacune, lasciate per sciatteria oppure volutamente. Sulla base di questa opera di ricostruzione siamo arrivati alla sentenza di condanna di primo grado di Emanuel Boke per lo stupro nel 1994 di due ragazze a Cesena, letta la quale ci si è aperto un mondo. In questa sentenza c’è una frase che finora nessuno aveva letto: la ragazza dichiarava che Boke, mentre la violentava, le diceva che si comportava così perché una ragazza bianca lo aveva rifiutato. Una frase importantissima».
Il cappellino e la foto
«Nella stessa sentenza - ha aggiunto l’avvocata - veniva indicata una scatola, inerente all’arresto di Boke del 1994, con un certo numero di reperti, trovata nello scantinato della Procura di Forlì, che io ho preteso che venisse cercata. Dentro c’erano un cappellino e un rullino fotografico mai sviluppato».
Iannuccelli ha sottolineato più volte come questo fatidico rullino sia stato fatto sviluppare solo nel 2024, ben 30 anni dopo. «Da quel cappello abbiamo fatto estrarre il Dna di Boke e abbiamo fatto stampare il rullino dove c’erano foto di vita quotidiana. Siamo quindi in grado di avere la sua immagine, che corrisponde a quel ragazzo di colore che in Francia, venti giorni essere uscito dal carcere di Forlì, aveva violentato una terza ragazza bianca italiana a Marsiglia, e fu arrestato sotto un altro nome, ma del quale abbiamo le impronte digitali».
Secondo l’avvocata, sono questi i tasselli del puzzle che porterebbero a Boke in Francia e per i quali l’avvocata presenterà alla Procura una richiesta di ordine d’indagine europeo perché sia rintracciato in Francia e ne sia confrontato il Dna e le impronte digitali con quelli di Boke.
Infine, la Iannucceli insiste su queste foto, chiedendo che vengano identificate le ragazze presenti, sebbene Cristina non vi compaia. «Magari comparando queste foto con le denunce di scomparsa fatte in quel tempo».
«L’ultimo tassello»
Purtroppo il tempo lavora contro l’avvocata e la famiglia Golinucci, perché è stato archiviato il fascicolo. Ma ora si potrebbero trovare prove importanti. «L’archiviazione di un fascicolo non è mai un fallimento, anzi - ha concluso Iannuccelli - È un atto di prudenza, per evitare di portare a processo una persona con prove scricchiolanti. Se negli ultimi due anni abbiamo fatto un lavoro incredibile, altrettanto faremo. Inoltre quello che le persone leggono sui giornali è ciò che io dico, non sono tutte le cose che esistono. Do informazioni per andare avanti nelle indagini, stimolare le coscienze, ma quello che si legge sul caso di Cristina è una minima parte di quanto abbiamo scoperto. Di questo puzzle manca l’ultimo tassello e lo lo metteremo a breve, con l’ordine d’indagine europeo per individuare il ragazzo di colore che sappiamo dov’è, sappiamo anche quale altra identità ha, abbiamo le sue impronte digitali, il suo Dna, la sua immagine. Quindi andiamo avanti per mettere quest’ultimo tassello».