Cesena, sciopero della fame bis e manifestazione per allontanare il gasdotto dal bosco-rifugio per 90 animali

Un’altra manifestazione, il 23 agosto alle 19.30, in difesa del bosco con 800 piante e del rifugio per 90 animali adottati, che stanno facendo crescere con amore e sacrifici a Provezza e ora stanno per essere sconvolti dall’arrivo del metanodotto Sestino-Minerbio. E un altro sciopero della fame, iniziato un paio di settimane fa dopo quello di 30 giorni già fatto alla fine dell’anno scorso, per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni su quella che vivono come la «distruzione del loro sogno e delle loro vite». Sono le due azioni decise da Federico Raspadori e Marta Garaffoni, dopo che nei giorni scorsi hanno ricevuto una raccomandata da Snam in cui si annuncia l’attivazione della procedura coattiva, in assenza di un accordo, e li si invita a incontrarsi per discutere su come gestire i tanti animali che considerano propri «figli». Il tutto in vista di sempre più imminenti lavori di scavo e di interramento delle condutture nel podere dove abitano.

«Le nostre vite rovinate»

Da quasi un anno la loro vita è cambiata radicalmente, a causa di un’opera pubblica di cui non erano a conoscenza quando acquistarono la casa in via Del Grillo, con l’idea di farne un piccolo paradiso, non solo per loro ma per tutte le persone desiderose di stare a contatto con la natura. Non un business ma un modo di vivere e questo rende tutto ancora più difficile da accettare.

La coppia si mette a nudo, rendendo pubblica la sofferenza mentale ed emotiva che rischia di schiacciarli, senza fare mistero del fatto che sta richiedendo «cure psichiatriche».

L’amarezza è accresciuta dal fatto che l’amministrazione comunale, a cui hanno chiesto aiuto, «non ha voluto schierarsi» dalla loro parte: il sindaco, che invitano a partecipare all’iniziativa del 23 agosto per avere pubblicamente un confronto su una linea dell’amministrazione che percepiscono come «un abbandono davanti a un’ingiustizia e una assurdità», ha provato a convincere Snam a «deviare di pochi metri il tracciato dei tubi, nel vicino campo. Un campo che non ha la stessa situazione nostra - sottolineano Federico e Marta - perché la distruzione di quella coltivazione viene ripagata e una volta chiuso il cantiere può essere riarato. Nel nostro caso, invece, anche quando ci venisse restituito il terreno gravato dalla servitù, non avendone più la piena proprietà, non possiamo sperare che i nostri alberi abbiano la loro vita centenaria e non vengano in futuro abbattuti e ci sarà sempre il potere di togliere la casa che gli animali hanno lì, senza che possiamo proteggerli. Quindi viene meno per noi il senso di costruire, adottare animali e spendere tempo, energie e denaro per ampliare sempre più il paradiso che volevamo creare». La stessa chiusura mostrata verso i due proprietari Snam l’ha però avuta davanti alle richieste del sindaco Lattuca: la società è finora stata solo disponibile a ragionare su come minimizzare il disagio, oltre a promettere che gli alberi verranno ripiantati, una volta finiti i lavori e che saranno trovate sistemazioni provvisorie per gli animali.

Deviazione negata

Federico e Marta non vogliono arrendersi e, spinti anche da 67mila firme a loro sostegno raccolte su una petizione online, continuano a chiedersi perché si rifiuti di fare una piccola deviazione nel percorso del gasdotto: il sospetto è che Snam «tema che si crei un precedente per cui ogni volta che uno si lamenta dovrebbe ottenere quello che vuole. Ma non tutti i casi sono uguali e non li si può considerare tali. Non si può pensare che per una persona che perde un ettaro di terreno su 200 che ne possiede l’opera abbia lo stesso impatto che per due cittadini a cui viene portato via praticamente tutto. Non si può ritenere che una servitù di passaggio crei lo stesso impedimento in un campo di erba medica piuttosto che in un bosco. Non si può non considerare che c’è chi alleva animali per carne e chi li adotta per amore e non vuole un risarcimento economico ma semplicemente prendersi cura di loro».

Due proposte alternative

Da tempo i due coniugi si sono detti pronti anche a un piano B e C: «Snam si prenda il terreno dove vuole posare le condotte e ce ne dia un altro nel campo adiacente, in sostituzione a quello tolto, dove poter spostare alberi e animali. Siamo anche disponibili a trasferirci altrove e a lasciare questo podere nelle mani della società, in cambio di un podere con la metà del valore ma lasciati liberi di continuare i nostri sogni». Queste proposte sono per ora rimaste inascoltate: si è ancora fermi all’indennizzo di appena 4.500 euro, previsto dalle normative, per la creazione della servitù.

Appello ai cittadini

«Chiediamo ai cittadini di pensare che poteva succedere anche a loro - è il messaggio finale - e di essere solidali davanti a qualcosa che magari ad alcuni può sembrare di poco conto ma per noi si è trasformata in una pena troppo dura, senza aver commesso alcuna colpa».

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