Cesena, Sacim: aperte le procedure di concordato, corsa ad ostacoli per evitare il fallimento

Cesena
  • 25 aprile 2025

È una delle aziende più longeve di Cesena, attiva da 105 anni, ed inserita nell’élite dei marchi storici d’interesse nazionale. Lavora da sempre, e anche in questo periodo, a pieno regime in un comparto che ha attraversato le tante crisi economiche della storia recente senza conoscere particolari flessioni, come quello della produzione di cisterne per il trasporto di prodotti liquidi, su strada, mare e ferrovia.

Eppure è in atto una corsa contro il tempo per salvare dal fallimento la Sacim: azienda nata in area urbana e ora nella nuova sede di piazzale Arcano, nelle campagne tra Torre del Moro e Diegaro. Nelle scorse settimane davanti alla Seconda Sottosezione civile del tribunale di Forlì presieduta dal giudice Barbara Vacca, per pianificare il salvataggio dal fallimento la Sacim ha presentato richiesta di concordato tramite l’avvocato Vittorio Buonaguidi.

Il tribunale ha comunicato ai creditori la nomina dell’ufficiale giudiziale nella persona dell’avvocato Michele Sarti di Bologna: il termine del 12 maggio 2025 sarà quello entro il quale la Sacim dovrà depositare in maniera dettagliata la proposta di concordato preventivo completa di piano previsto, attestazione di veridicità dei dati forniti e di fattibilità del piano stesso.

Le tappe della vicenda

La Sacim nell’ultimo triennio, si legge nella richiesta di concordato, ha avuto un attivo patrimoniale medio di 30 milioni di euro e presenta debiti complessivi per 34,5 milioni. Una mole di lavoro dunque che in condizioni normali non metterebbe a repentaglio l’esistenza aziendale. Per capire i perché della corsa contro il tempo che lascia ad ora col fiato sospeso il centinaio di dipendenti della storica azienda cesenate, serve scavare nel passato e negli ultimi 20 anni. Era il 2004 quando la Sacim iniziò a progettare la sua nuova sede fuori dal contesto urbanizzato cesenate per lasciare i capannoni (da tantissimo tempo in disuso) dell’area in cui lavorava, posti lungo l’asse della via Emilia tra ippodromo e San Mauro in Valle.

I nuovi capannoni che la ospitano sono stati nel tempo finanziati dalle banche con liquidità dalla quale la Sacim ha sempre contato di rientrare vendendo il terreno dei vecchi stabilimenti. Che fino all’anno 2009 erano finiti in maniera all’apparenza fruttuosa nel mirino immobiliaristico per far sorgere negozi, uffici e civili abitazioni. Un progetto ben definito che però sfumò nel tritacarne del fallimento Isoldi. Da allora (anno 2009 e seguenti) sono continuati i tentativi di vendita della vecchia area e si sono affacciati tanti compratori che parevano interessati all’urbanizzazione della Ex Sacim e all’acquisto dell’area in questione, salvo poi ritirarsi. Ad ogni trattativa sfumata è sempre corrisposta una proroga da parte delle banche di rientro dei debiti per la nuova sede produttiva Sacim. Fino agli ultimi tempi. Quando a fronte di una richiesta di moratoria di ulteriori 3 anni, gli istituti di credito hanno posto il veto. Non tanto non credendo alla capacità lavorativa e di guadagnare della Sacim, quanto alle difficoltà mai dissipate di vendere per urbanizzare quella vecchia sede, nel tempo in parte demolita anche per non dare più alloggio a sbandati e senzatetto che l’occupavano abusivamente.

Così ora la Sacim ha iniziato un percorso che deve portarla velocemente a ripianare quanto dovuto, debiti in prevalenza con gli istituti di credito. Una strada che in un paio di mesi, per salvare marchio storico e azienda, deve portare la Sacim a legarsi ad altre aziende di comparto o a vendere l’intera azienda a qualcuno tra i concorrenti del proprio mercato che stanno già dimostrando interesse nell’acquisto. Due mesi che serviranno per assolvere agli obblighi di concordato e, sia pur cedendo l’azienda, a salvare la Sacim dalla spada di Damocle del fallimento.

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