Cesena, messo a punto in Romagna un test rapido ed economico per intercettare il vaiolo delle scimmie

Cesena

Un tampone rapido, economico e che richiede una dotazione tecnologica contenuta per poter essere utilizzato. È quello messo a punto in Romagna, tra Cesena e Forlì come strumento per contrastare la diffusione di Mpox, il virus in precedenza noto come vaiolo delle scimmie, e che al momento è in fase di convalida prima di poter essere consegnato alle strutture sanitarie della Repubblica del Congo.

Nasce dalla collaborazione tra tre diverse realtà: il laboratorio di microbiologia dell’Ausl Romagna a Pievesestina, l’università di Bologna, e l’azienda di Forlì Xenturion Diagnostics, start-up innovativa che si occupa dello sviluppo di kit diagnostici molecolari di tipo “Point of care testing”. Protagonisti di questa collaborazione Vittorio Sambri, direttore dell’unità di Microbiologia del Laboratorio unico dell’Ausl Romagna, la professoressa Alessandra Scagliarini, veterinaria che si occupa da anni di “one health” e la dottoressa Maria Elena Turba di Xenturion Diagnostics.

«Il nostro laboratorio aveva a disposizione diversi virus isolati e sequenziati», spiega Sambri. Risalgono alla prima ondata di monkey pox e fanno riferimento a casi intercettati in Italia. Questo lavoro di conservazione e sequenziamento è una delle preziose attività che vengono realizzate nel laboratorio unico di Pievesestina e rappresentano uno strumento fondamentale di prevenzione. Con il Pnrr la Regione ha investito 3 milioni di euro nel laboratorio di Pievestina per diventare centro di pathogen discovery.

Questo patrimonio di conoscenza e tecnologia del laboratorio Ausl ha unito le forze con le competenze Scagliarini e con quelle di Xenturion che ha grande competenza nello sviluppo di test diagnostici. Il risultato è un test Lamp, «una tecnologia a basso costo, e questo è già un primo fondamentale vantaggio - fa notare Sambri -, molto rapido, perché consente in poco più di mezz’ora di rilevare la presenza o meno del virus, e che non ha problemi di catena del freddo, aspetto molto importante nel contesto geografico in cui il virus si sta diffondendo. Sono test che possono essere analizzati quasi sul campo perché richiedono pochissima attrezzatura». È l’insieme di queste caratteristiche a farne uno strumento davvero prezioso nella gestione dell’epidemia. «Un test di questo tipo è quello che è mancato, ad esempio, quando esplosero i primi focolai del virus Ebola». Ora il test messo a punto in Romagna è in fase di convalida: «Stiamo lavorando con i colleghi della Repubblica democratica del Congo che dovranno utilizzarlo», racconta Sambri.

L’approccio “one health” (una sola salute, in inglese), di cui da anni si occupa la dottoressa Alessandra Scagliarini, costituisce la base del progetto: «È un concetto ampio - spiega Sambri - che partendo dalla considerazione che la salute dell’uomo e quella degli animali sono strettamente legate, come ci dimostrano aviaria, west nyle, monkey pox, negli ultimi anni con sempre maggiore forza ha allargato lo sguardo anche alla salute dell’ambiente e del pianeta». Un approccio che rafforza l’idea che quanto sta succedendo in Congo, riguarda tutti, anche l’Europa dove al momento si sono registrati due soli casi (uno in Svezia e uno in Spagna): «Siamo di fronte a una variante che si diffonde per via area, le persone, le merci, gli animali si spostano per questo dobbiamo interessarcene. Oggi non c’è nulla che faccia pensare che ci sia il rischio di una pandemia, ma bene ha fatto l’Oms a lanciare l’allarme globale. A livello europeo stiamo lavorando sulla prevenzione».

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