Cesena, l’agguato all’Agraria con i coltelli e le luci delle gazzelle dei Carabinieri su tutta la vallata del Savio: ecco come sono stati scoperti gli assalitori

Attorno alla mezzanotte di ieri la vallata del Savio, da Cesena fin sopra a Mercato Saraceno, si è illuminata di blu lungo l’asse dell’E45. Erano le luci delle gazzelle dei carabinieri di Cesena che stavano andando a prendere nelle loro abitazioni tutti i ragazzi minorenni che hanno fatto parte del commando che martedì sera, poco dopo le 18.15, ha aggredito e rischiato di uccidere un 15enne, nel cortile tra l’edificio del convitto e l’istituto agrario Garibaldi, in via Savio a Cesena.
Le contestazioni
Quei ragazzi sono stati identificati e poi denunciati alla Procura dei Minori. Ora, per ognuno di loro, i militari dovranno specificare nel dettaglio il livello di coinvolgimento nel feroce blitz e le rispettive accuse. Sono tutti adolescenti residenti tra Cesena e le frazioni fin oltre Mercato Saraceno. E mentre il 15enne preso a colpi di machete veniva operato al Bufalini, per loro cominciavano gli interrogatori all’interno della nuova caserma dell’Arma in zona Montefiore.
La dinamica dell’accaduto oltre che dai racconti della vittima, verrà ricostruita anche grazie ai video di sorveglianza delle telecamere interne ad Agraria. Stando a una prima ricostruzione dei fatti, sembra che i primi ad entrare in azione siano stati due ragazzi che si sono avvicinati a volto scoperto a un gruppetto di tre studenti residenti in convitto, per reclamare - in particolar modo nei confronti di quello che verrà poi ferito, uno studente 15enne di Medicina iscritto all’istituto aeronautico di Forlì - un presunto debito di droga non pagata.
Quando il giovane ha rifiutato di dargli il denaro richiesto, i due si sono allontanati. Ma non definitivamente, perché poco dopo hanno fatto partire la telefonata che avrebbe scatenato l’aggressione. A quel punto, infatti, da oltre la recinzione sono spuntati altri 8 giovani, tutti di un’età compresa tra i 15 e i 16 anni d’età.
Dramma sfiorato
Incappucciati, hanno inseguito e bloccato la vittima. In due erano armati: uno aveva una lama grande e a scatto, un altro un grande coltello simile a un machete.
Il 15enne è stato colpito alla mano destra con la quale cercava di difendersi dai colpi sferrati contro di lui. Ma nulla ha potuto contro un fendente che gli ha causato una profonda ferita da taglio sulla parte sinistra del volto. Pochi centimetri più sotto e la lama avrebbe potuto recidergli anche la giugulare, uccidendolo in poco tempo.
Una volta soccorso dal 118 e giunto in ospedale, i carabinieri hanno prima di tutto ascoltato le poche parole che il giovane è stato in grado di dirgli. Una breve testimonianza in cui il ragazzo ha affermato di conoscere solo parte dei componenti del gruppo.
I militari gli hanno però mostrato un paio di fotografie di suoi coetanei dalle quali, unendo quelle immagini al video delle telecamere e alla conoscenza del territorio da parte delle Stazioni carabinieri di tutta la compagnia, in poco tempo gli inquirenti sono riusciti ad avere in mano le identità dei ragazzi coinvolti nella spedizione punitiva.
E così, ben prima di mezzanotte, tutti sono stati recuperati a casa e accompagnati, con i rispettivi genitori al seguito, in caserma. Per ora le accuse di cui dovranno rispondere sono quelle di lesioni gravissime, aggravate dall’uso di armi. Ma non è detto che, una volta terminate le indagini, la Procura minorile possa anche alzare il mirino accusatorio verso un tentato omicidio.
Il 15enne, operato nella notte, resta ricoverato nel reparto di pediatria al Bufalini di Cesena, dopo che gli sono stati ricuciti i tendini delle dita della mano destra ed è stata suturata la profonda ferita al volto. La prognosi resta riservata.
Le reazioni
Di «fatto gravissimo, che lascia sgomenti» parlano Rosaria Tassinari, deputata e coordinatrice regionale di Forza Italia per l’Emilia Romagna e Michele Pascarella, segretario cittadino di Forza Italia per Cesena. «Davanti a eventi del genere, non possiamo limitarci all’indignazione del momento - commentano -. È nostro dovere come istituzioni e, ancor prima, come adulti, chiederci che cosa ci stiano dicendo i nostri ragazzi attraverso questi gesti estremi. Dobbiamo ricostruire un legame autentico tra il mondo adulto e le giovani generazioni. Serve ascolto, presenza, capacità di entrare nel loro universo senza giudizio, per cogliere i segnali prima che diventino violenza. È una sfida educativa e culturale che chiama in causa la scuola, la famiglia, le politiche sociali e tutta la comunità».