Cesena, in moto in Ucraina a 77 anni per immergersi dentro la piazza pacifista a Kiev

A 77 anni, Piero Pieri si è rimesso in sella alla sua grossa e fidata moto Bmw, diretto in Ucraina, per toccare con mano, per la seconda volta, la dolorosa realtà della guerra che infuria là dopo l’invasione russa. Il docente di Letteratura del Dams dell’Università di Bologna, ora in pensione, è partito domenica mattina dalla propria casa in via Martiri della Libertà. A spingerlo a questo viaggio faticoso e pericoloso è stata anche una manifestazione per provare a costruire la pace che si terrà a Kiev tra due giorni e a cui parteciperà. Ancora non ha fissato la data di rientro in Italia. Probabilmente resterà fin verso la fine mese. E pensa anche di spingersi a ridosso del fronte.

Di nuovo in Ucraina

«Torno in Ucraina con maggiori consapevolezze, dopo il precedente viaggio - racconta il professore cesenate - Ho 77 anni, ma non me li sento, e l’interesse per questo sfortunato paese è sempre lo stesso. I reportage dell’anno scorso (pubblicati sul “Corriere Romagna”, ndr), senza alcuna ombra di pregiudizio politico, sono nati dalla volontà di “studiare” una società in guerra, con i suoi tic, le nuove e vecchie abitudini, quali reazioni ai bombardamenti, spesso accettati senza cercare riparo in un bunker, perché ormai si è fatto il callo anche alle sirene che avvertono e non sempre gli abitanti di Kiev hanno voglia di passare una notte in un bunker. A Odessa ho invece visto certi comportamenti da gaia città turistica, e a Leopoli, distante dal teatro di guerra e raramente sottoposta all’attacco dei missili, la gente non appariva neppure sfiorata dal dramma nazionale. Tuttavia, l’Ucraina è un Paese in guerra, i posti di blocco si succedono con ritmica puntualità, la gente sembrava avere perso il gusto di ridere, e neppure sorrideva, le facce erano quasi sempre serie, a volte cupe, a volte tristemente rassegnate, specialmente nei pressi del porto di Odessa, dove missili e droni ancora oggi arrivano quasi ogni notte».

Sete di pace

Adesso Pieri ha intenzione di immergersi in una nuova dimensione della guerra, quella di chi vuole esplorare una via d’uscita, dopo montagne di distruzioni e di morti. «L’11 luglio, nella famosa piazza Majdan e nella piazza Santa Sophia di Kiev, convergeranno associazioni internazionali, ispirate tutte dal desiderio di poter costruire finalmente una idea fattiva di pace universale. Sarà questo incontro più una importante testimonianza che una manifestazione, destinata a far nascere radicali cambiamenti fra due Paesi in guerra, soggetti entrambi a logiche e interessi a volte dal disegno imperscrutabile. Eppure, questo desiderio di pace è vivo in noi, perché la guerra è il male oscuro dell’umanità, con la sua maschera sanguinosa e la sua terribile vocazione distruttiva. E questo da millenni, forse da sempre. Per questo desiderio, la società civile, gruppi giovanili e nonviolenti, hanno scelto d’incontrarsi a Kiev, attualmente, insieme a Gaza, il gran teatro del massacro quotidiano di una intera generazione, a parte quei giovani ucraini, circa 600mila che si sono dati alla fuga, uscendo dal loro paese, per avere salva la vita. Come dar loro torto? Anche la figura del disertore, che forse sarebbe meglio chiamare pacifista, oggi merita di essere vista come una delle tante manifestazioni che vorrebbero dare un senso alla propria vita, la sola che questi giovani hanno, la sola che verrebbe tolta dalla micidiale guerra d’attrito dell’esercito russo. Forse, nel tempo dei social, il concetto di patria non è più lo stesso, la difesa del paese, dove i casi di corruzione sono all’ordine del giorno, con generali che al mercato nero vendono le munizioni che dovrebbero servire al proprio esercito, non ha più per questi giovani una immagine nobile e coerente. Come non capire questi giovani in fuga anche dalla corruzione dilagante presente negli stessi vertici militari che dovrebbero guidarli alla vittoria? Abbiamo un Papa che ogni giorno predica la pace e due Paesi in guerra che ascoltano solo i propri secolari interessi geopolitici. L’11 luglio avremo migliaia di giovani ispirati da un concetto di civiltà che non risolve con le bombe quel che potrebbe essere risolto con il dialogo».

In piazza Majdam, un anziano docente dell’Università di Bologna, a cavallo della sua moto, incontrerà questi giovani, e di loro parlerà in uno dei suoi reportage, a cui il “Corriere Romagna” darà voce.

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