Cesena, il corteo del 25 aprile. Il sindaco Lattuca: “Viva l’Italia liberata” VIDEO GALLERY

Cesena
  • 25 aprile 2025

Dopo il temporale della prima mattina di oggi, splende il sole sulle celebrazioni del 25 aprile a Cesena, con il corteo che si è messo in moto lungo viale Carducci verso il monumento ai Caduti. Qui si è celebrata una cerimonia molto partecipata.

L’intervento del sindaco Lattuca

Il discorso integrale del sindaco Enzo Lattuca: “Quest’anno ricorrono gli 80 anni dalla Resistenza e dalla guerra di Liberazione. Una pagina sanguinosa che fu l’epilogo di 20 anni di negazione di libertà e di diritti.

Una privazione non incidentale e non accidentale ma costante e sistematica, parte integrante dell’ideologia totalitaria fascista, culminata con l’ignominia delle leggi razziali, con la tragedia della guerra combattuta dalla parte sbagliata della storia e ancora, quando il fascismo era già vinto, rovesciato, con l’umiliazione della patria calpestata dall’occupazione nazifascista.

Una lotta combattuta, accanto alle truppe degli alleati, da giovani donne e uomini coraggiosi che non si erano piegati al regime e che avevano in mente uno Stato di cui essere fieri non per orgoglio, ma per dignità. La dignità di un popolo deciso a combattere per riscattarsi dopo 20 anni di dittatura e la sciagurata decisione di entrare in guerra a fianco dell’alleato nazista, e ritrovare la libertà mentre c’era chi continuava a combattere al fianco dei nazisti, e non si fece scrupolo ad uccidere propri connazionali, anche bambini.

Una pagina di grande riscatto la Resistenza scritta col sacrificio, della stessa vita.

Una pietra, la prima, su cui si fonda la nostra Repubblica democratica secondo quando previsto dalla Costituzione che ne è a tutti gli effetti patto fondativo.

Per troppo tempo l’unità della Resistenza si è frantumata nella competizione per il monopolio o il primato dell’antifascismo, fra i comunisti e i socialisti schierati su un fronte, e i democristiani, i socialdemocratici, i liberali e i repubblicani sull’altro.

Questo tempo è però finito, non può essere questo il problema.

Un problema invece esiste, ed ingombrante, non può essere taciuto o rimosso, se ancora oggi c’è chi non si riconosce in questa Festa. Un sentimento di nostalgia che anche se contenuto, compresso, sommerso tende a riaffiorare. E non solo con la gestualità, con i busti, gli emblemi più o meno celati ma con l’insofferenza sincera, evidente, talvolta rivendicata nei confronti di quei principi su cui si fonda la democrazia.

Il pluralismo, il diritto al dissenso politico, il riconoscimento della cessione della sovranità dalle singole nazioni agli organismi internazionali quale dimensione indispensabile per mantenere e garantire la pace.

Quella pace che ci sta sfuggendo, sempre di più messa a repentaglio, a cui, anche negli ultimi dolorosi giorni Papa Francesco ha dedicato tante delle sue energie e, presumo delle sue preghiere, senza tuttavia essere ascoltato da chi con grande ipocrisia si è nelle ultime ore premurato di riconoscergli il ruolo di grande punto di riferimento o addirittura di ispiratore.

Come si fa a sbeffeggiare l’opera intellettuale di Altiero Spinelli e di altri come lui che non solo vennero perseguitati per le proprie idee ma che ebbero la lungimiranza e il coraggio di segnare la strada per il futuro per i decenni a venire. L’Europa Unita che, con i tanti limiti che ancora oggi la caratterizzano ha consentito di mettere da parte i nazionalismi che avevano insanguinato per secoli il nostro continente?

Il sogno federalista nacque, in piena guerra e poi nel dopoguerra, antifascista e antinazionalista. Coinvolse politici e intellettuali di ispirazioni molto diverse tra loro. In questo campo, per quanto vasto, non figurano nazionalisti, fascisti e neofascisti; e neppure, venendo all’oggi, populisti e sovranisti. Non è un caso.

Oggi è sempre più evidente come ci sia un conflitto aperto, purtroppo anche in occidente, tra democrazia e autocrazia.

Penso alla Turchia, un grande Paese, con una certa e consolidata confidenza con le regole e i principi democratici dove dal marzo scorso abbiamo assistito ad un giro di vite, ad una torsione. Il Sindaco di Istanbul, principale oppositore del presidente Erdogan, è stato arrestato, fuori da ogni logica propria dello stato di diritto. Dal giorno del suo arresto le piazze di molte città turche si riempiono ogni giorno di manifestanti che chiedono giustizia, diritti e libertà. Oltre 1400 sono stati gli arresti operati dalla polizia politica turca nelle ultime settimane, giornalisti e attori dissidenti sono stati licenziati dalla tv pubblica perché non allineati con il governo.

Ma anche agli Stati Uniti, dove, sempre nel marzo scorso quando è iniziata una potente operazione di repressione della libertà di pensiero e di insegnamento nelle Università sotto le mentite spoglie di un’operazione per eradicare l’antisemitismo.

Dapprima la sospensione dei finanziamenti alle Università sorvegliate dal Governo federale, poi la repressione delle manifestazioni con centinaia di arresti e più in generale l’instaurazione di un clima di paura e repressione anche negli studenti e nei docenti internazionali che temono di essere sottoposti ad arresti arbitrari o alla revoca dei visti e dunque al rimpatrio, come già accaduto in questi giorni.

Il tempo che viviamo ci dice che il rischio di tornare indietro, di una involuzione democratica e di vedere messe a repentaglio le conquiste dei partigiani e di tutti quelli che hanno resistito fino a gioire il 25 aprile del 1945 esiste davvero.

Fa un po’ impressione, anche solo pensare, soprattutto avendo negli occhi le giovani generazioni, che potrebbe rendersi necessario tornare a combattere, a lottare per ciò che negli ultimi 80 anni è stato ogni giorno di più considerato scontato, irreversibile e anzi in continua evoluzione.

Ma c’è davvero qualcuno tra noi che si sente di escludere che ciò possa ripresentarsi come necessità?!

Bisognerebbe allora chiedersi quanto siamo disposti a batterci, è una domanda ulteriore che vale per ciascuno di noi. C’è un punto fermo però, e non è poca cosa. Le lotte di ieri, di oggi e di domani, a Istanbul a New York, a Roma, a Cesena e quasi in ogni angolo del mondo, per la libertà, contro l’oppressione dello straniero, contro i soprusi dei regimi, un inno che risuona ce l’hanno già, ed è lo stesso che risuona da ottanta anni sulle note di Bella Ciao.

Mentre troveremo il coraggio e la determinazione di darci delle risposte alle domande che ponevo prima, non mancheremo ogni 25 aprile, ogni 20 ottobre, di trovarci qui e di celebrare la liberazione cantando Bella Ciao.

Viva l’italia liberata”.

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