Cesena, il bilancio del vescovo Regattieri tra tante luci e qualche ombra

Cesena

Per l’ultima volta da vescovo di Cesena Sarsina ieri Douglas Regattieri ha incontrato la stampa nel consueto incontro annuale in occasione di San Francesco di Sales, protettore dei giornalisti. Una tradizione che il vescovo Antonio Giuseppe Caiazzo si è detto intenzionato a proseguire e che ieri per il vescovo Regattieri è stata un’occasione per fare un bilancio dei suoi 14 anni di mandato. Con la sua indole sobria e riservata ma aiutato da una “confidenza” maturata in anni di confronto e scambio con i giornalisti della città, ieri ha ripercorso i momenti più belli, fedele all’esortazione di Papa Francesco in occasione del Giubileo della Comunicazione a essere «come cercatori d’oro che setacciano la sabbia», a «condividere con mitezza la speranza», ma senza nascondere criticità e momenti dolorosi.

Il caso Lugaresi

Tra questi ultimi cita anche il caso dell’Istituto Lugaresi e quello della Piccola Famiglia della Resurrezione e di don Orfeo Suzzi, le definisce «due vicende che mi hanno davvero segnato». La prima è storia nota: «La diocesi non voleva impadronirsi né dello stabile né delle attività, ma vedevamo il vuoto che stava venendo a crearsi e il testamento dice che quando i padri giuseppini non ci sarebbero più stati lo stabile sarebbe dovuto passare alla Diocesi. È la leva che abbiamo cercato di usare per salvare quell’esperienza, ma abbiamo perso. In tribunale i giuseppini sono riusciti a dimostrare di non aver abbandonato quel luogo, i padri non ci sono più, ma le iniziative continuano. Continuano per modo di dire», ha aggiunto Regattieri prima di ribadire che si è trattato, per lui, di «una vicenda davvero dolorosa».

Lo scontro con don Orfeo

Nel caso di don Orfeo, invece, il vescovo Regattieri ha condiviso alcuni importanti aggiornamenti. Impegnandosi ad essere «sintetico, chiaro e non perdermi in tante questioni» ripercorre le ultime tappe della vicenda: il processo penale stragiudiziale che, «su indicazione della Santa Sede», celebrò nei confronti di padre Orfeo, «che si era dimostrato disobbediente nei miei confronti, al punto che ho dovuto commissariare, assumere la gestione della Piccola Famiglia delle Resurrezione per poterla tenere in Diocesi, ci sono riuscito perché credo nel carisma. E lui è fuggito, senza dirmi niente. Dov’era poi l’ho saputo. Su indicazione ho celebrato il processo. Lui è uscito dalla Piccola Famiglia seguito tra tre monache e un monaco». Quel processo si concluse con un decreto di condanna che gli proibiva di celebrare messa in pubblico, di confessare e di predicare». Per tre anni, gli ha riconosciuto Regattieri, don Orfeo Suzzi «ha osservato queste indicazioni, rispettando la sua pena». È in virtù di questa obbedienza che recentemente don Orfeo, lo ha raccontato ieri l vescovo, ha chiesto la remissione della pena, che gli venisse cioè cancellata. Richiesta che Regattieri racconta di aver accolto, «ma a una condizione: che non risiedesse nel territorio della diocesi, perché qui c’è ancora la Piccola Famiglia della Resurrezione e ritengo la sua una presenza divisiva». Stando al decreto quindi don Orfeo può attualmente celebrare messa, tenere conferenze e predicare nel territorio della diocesi non abitarci. Ed è proprio rifiutando quest’unica condizione che don Orfeo ha fatto ricorso contro il decreto chiedendone la modifica. «Misuro le parole», aggiunge Regattieri mentre procede, visibilmente arrabbiato, nel racconto: «Mi ha scritto una lettere in cui rifiuta la condizione posta e quindi il decreto che ritenevo un atto di conciliazione. In quella lettera dimostra la caparbietà e la cattiveria della sua persona», parole dure ma scelte con cura: «Mi ha scritto che il decreto in cui gli rimetto la pena è infamante». A quel ricordo Regattieri dovrà rispondere in questo ultimo mese di mandato: «Non so cosa risponderò, sto pregando e la risposta verrà».

Un bilancio positivo

Nel fare il bilancio dei suoi 14 anni da vescovo di Cesena-Sarsina, è soprattutto sulle esperienze belle che sceglie di soffermarsi. Tra le prime cita le due visite pastorali, durate 6 e 5 anni ciascuna, che lo hanno portato in tutto le zone pastorali, ad incontrare, dalla montagna alla pianura, tutte le parrocchie, le unità parrocchiali e anche tutte le Giunte comunali. Tra i risultati ottenuti in questi anni cita la nuova curia, l’apertura della casa famiglia e del dormitorio in Vescovado, e poi quello di Cesenatico. Cita come esempio di successo le diaconie della Carità che hanno permesso di rafforzare la presenza di Caritas anche fuori Cesena. E ancora la ristrutturazione della cattedrale, «che ora rifulge», e la visita di Papa Francesco del 1 ottobre 2017, il sinodo dei giovani, e il congresso eucaristico diocesano del 2016. Il lavoro impegnativo, ancora in evoluzione di riforma dell’organizzazione territoriale della diocesi da cui sono nate le unità parrocchiali: «Programmare questa riorganizzazione ci ha impegnato molto, ma ora si sta realizzando. Parrocchie vicine sono chiamate a collaborare sempre di più, allargando ciascuno i propri confini. È un lavoro prezioso anche perché con la carenza attuale di sacerdoti probabilmente le 21 unità parrocchiali diventeranno 21 parrocchie», avverte Regattieri.

L’alluvione

Dei suoi giorni da vescovo ricorda anche l’esperienza dell’alluvione. Quando l’acqua travolse Cesena e la collina era in Africa e ha ricordato la preoccupazione di quei giorni, il cruccio di essere distante, ma anche, una volta tornato le manifestazioni di solidarietà che attraversavano la città e l’esperienza forte e intensa della processione a San Rocco, quartiere tra i più colpiti

Il passaggio di consegne

Antonio Giuseppe Caiazzo, il suo successore, si insedierà ufficialmente il 16 marzo, ma il passaggio di consegne è già cominciato. «Quando incontrai monsignor Lanfranchi prima di arrivare a Cesena mi disse che avrei trovato un laicato vivace, attivo, propositivo, è stato ed è ancora così. Ma a monsignor Caiazzo ho raccontato anche la preoccupazione per la crisi di vocazioni. In questi anni ho ordinato 15 preti, ma ne ho seppelliti 73, il seminario è vuoto e due dei nuovi preti hanno già lasciato il sacerdozio. Quando sono arrivato c’erano 120 sacerdoti, oggi ce ne sono 70, un dato preoccupante, ma ci affidiamo alla preghiera».

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