Cesena, è anche online la petizione per chiedere di non archiviare il caso Golinucci

Cesena

La verità sulla scomparsa di Cristina Golinucci passa anche da una raccolta firme lanciata dall’avvocata di Penelope Barbara Iannuccelli. Scopo: chiedere alla Procura e a tutte le autorità competenti di non archiviare prematuramente il caso di Cristina, ma di continuare ad investigare fino a quando ogni aspetto non sarà stato esaminato a fondo. Perché anche tutto questo significa cercare una figlia scomparsa, anche dopo 32 anni. Ed ecco che ieri mattina a Ronta, nel giardino intitolato alla giovane donna di 21 scomparsa il 1 settembre del 1992, mamma Marisa, Barbara Iannuccelli e l’associazione Penelope hanno organizzato un incontro pubblico per presentare le novità sul caso e la raccolta firme, lanciata anche sulla piattaforma change.org.

«Qualcuno mi chiede sempre “cerchi ancora tua figlia?”. Certo perché io voglio la verità, anche se scoprire oggi certe cose fa molto male. Ci sono persone che sono ancora vive, forse colpevoli di aver coperto e non so perché, ma i casi vanno archiviati quando sono risolti e questa è la mia battaglia e dell’associazione Penelope. Da anni chiediamo l’intervento di persone competenti che non lascino alla deriva il dolore, che non archivino il dolore». Così mamma Marisa, sempre la stessa in cerca di giustizia e verità. Una verità, che a fronte delle novità fatte emergere dall’indagine sugli atti da parte dell’avvocata Iannuccelli, pare sempre più essere stata nascosta, depistata e che oggi, a 32 anni di distanza, con molti dei protagonisti legati a questa triste vicenda deceduti, pare essere ancora di più un’ardua montagna da scalare.

«L’opposizione all’archiviazione che abbiamo presentato al Gip su basa sul collegamento tra ciò che vide nel parcheggio una signora quell’1 settembre 1992, ossia Cristina litigare con un uomo che aveva una chierica in testa, e la trascrizione dell’intercettazione ambientale di Emanuel Boke in carcere, in cui lui alla domanda di padre Lino “Tu conosci Cristina?” rispose “Si. Quel giorno l’ho vista con padre Renato commossa”. E commossa significa in lacrime - spiega Iannuccelli - questo è l’oggetto della nostra seconda opposizione all’archiviazioone, che in modo quasi ridicolo si chiudeva con la scusa che la Francia ostacola di trovare effettivamente Boke. Se si ritiene importante il ragazzo di colore che quel giorno era in convento, allora si deve trovare, legalmente si deve interrogare. Ed oggi noi chiediamo che venga cercato per essere interrogato come testimone. Perché se oggi risulta che quello stesso frate, che era con una Cristina commossa, è lo stesso che parla con la polizia nel 1992 e dice che quella signora, non identificata allora, non ha visto Cristina, ha descritto una ragazza che Cristina non può essere, è importante rintracciare Boke come testimone».

Nel lungo discorso pubblico, Iannuccelli ha ripercorso queste ultime novità, emerse da un’indagine condotta su «pagine che mancavano nel fascicolo agli atti del giudice, che andava da pagina 1-5 e poi da dalla 5 si passava alla 65. Per cui abbiamo richiesto un accesso agli archivi dei carabinieri e della polizia. In questo anno gli inquirenti hanno fatto un gran lavoro e riempito i buchi mancanti, effetto di una sottrazione, di un nascondimento o di sciatteria. Da qui sono venute fuori tante cose, tra cui l’elemento importante della testimonianza della signora del 1992. Tutte cose che Marisa Degli Angeli non sapeva e che ha scoperto oggi, a 32 anni di distanza. Un po’ anche perché allora le indagini sul convento erano nella mani di una persona che aveva grandi frequentazioni col convento e con tutto il rispetto per la professionalità è difficile pensare che una persona possa indagare in modo oggettivo e distanziato su qualcuno che stima, conosce, frequenta».

«Ecco perché oggi è importante la nostra raccolta firme, che pur non avendo valore legale, servirà al giudice che fisserà l’udienza, per dimostrare che il problema della scomparsa di Cristina Golinucci non è solo della famiglia, ma è il problema di una società civile. Perché quello che è accaduto a Cristina può accadere a tutti ed una società civile non può accettare che la vita di una giovane di 21 anni venga “ammucchiata” senza alcuna risposta».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui