Cesena, caso Cristina Golinucci: “Si torni a indagare sulle sette sataniche”

Cesena
  • 26 gennaio 2024

«Nel grande mare degli omissis e dei “non parlo” che hanno caratterizzato per oltre 31 anni le varie indagini sulla scomparsa di Cristina Golinucci non sono mai state risentite persone che, spontaneamente, anche rischiando di mettersi nei guai, si sono presentate all’epoca ai carabinieri per raccontare ciò che avevano saputo sulla sparizione della giovane». Barbara Iannuccelli, l’avvocato che difende le parenti della 21enne di Ronta sparita l’1 settembre del 1992, nelle memorie che hanno portato alla riapertura del caso e all’avvio di un fascicolo parallelo per la morte della giovane cesenate Chiara Bolognesi, tiene sempre il mirino puntato sull’area del convento dei frati cappuccini e sul sudafricano Emanuel Boke: che sapeva (è emerso nel fascicolo d’indagine aperto ora) che Cristina sarebbe arrivata in convento attorno alle 14 di quel giorno del 1992 e prima di scomparire in Francia (dove è ricercato per reati sessuali) aveva scontato una pena di quasi 5 anni per stupri commessi ai danni di ragazze cesenati. L’uomo poi aveva in un’occasione confessato in cella a Padre Lino Ruscelli un suo coinvolgimento nella vicenda della Golinucci sparita.

«La barra del nostro timone, mentre proseguono le indagini della Procura, resta puntata principalmente su Boke. Ma non possiamo, in un contesto in cui tanti per troppo tempo non hanno raccontato ciò che sapevano, dimenticare chi, spontaneamente e senza essere in alcun modo chiamato in causa, ha cercato di aiutare presentandosi ai carabinieri spontaneamente per raccontare vicende vissute».

Se mamma Marisa da sempre chiede a tutta la città («chi sa parli»), ci sono persone coinvolte nelle investigazioni che soltanto dopo anni (per paura di ripercussioni personali) hanno raccontato dettagli che potevano essere utili alle indagini. Nell’ottobre del 1992, quando Cristina era scomparsa e il corpo nel Savio di Chiara Bolognesi non era ancora stato ritrovato, davanti ai carabinieri si presentarono due uomini: tutti e due originari di altre regioni d’Italia ma residenti nel Riminese. Professavano religioni che li stavano in maniera personale avvicinando al mondo del satanismo. E descrissero all’unisono una teoria aberrante su un possibile rapimento subito da Cristina. A Savignano sul Rubicone era attivo, in quel periodo, una delle case-tempio dei cosiddetti “Bambini di Satana” che facevano capo alla loro guida spirituale Marco Dimitri. E i due erano stati invitati da altri conoscenti satanisti ad avvicinarsi a questa setta attiva a non molta distanza da Rimini. Setta che prometteva quanto meno riti di iniziazione e simil “messe nere” a base di sesso e di sacrifici umani. Incrociando questi personaggi, i due arrivarono a dialogare con altri “adepti” che avevano già avuto la loro iniziazione. Uno dei quali li aveva invitati a seguirlo nella zona di Moncalieri (Torino). «Qui c’è un gruppo satanista che dispone di bambine e donne rapite che vengono utilizzate per i riti in onore del diavolo (stupri) e per sacrifici a satana. Hanno a disposizione una bambina di 12 anni e nelle loro mani c’è anche Cristina Golinucci che verrà usata per sacrifici umani». Questo i due raccontarono di aver sentito con le proprie orecchie ai miliari dell’Arma, facendo nomi e cognomi di tanti partecipanti alle riunioni sataniche che si svolgevano per la Romagna nella zona di Savignano. I carabinieri sentirono tante delle persone citate dai due testimoni; in particolar modo una donna, residente nel Bolognese, che si era avvicinata volontariamente alla setta e che aveva partecipato agli accoppiamenti satanici in corso a Savignano...«Non potendo più tirarmi indietro dopo aver accettato le regole della setta» disse, interrogata. «Ascoltare queste persone, anche la donna che in passato ha già deposto, potrebbe dare degli elementi nuovi di rilettura alla scomparsa di Cristina - spiega l’avvocato Iannuccelli -. Di fatto per noi Boke è coinvolto e in qualche maniera Cristina è stata fatta sparire subito dopo che è arrivata nel parcheggio del convento. Che ad una quindicina di chilometri di distanza appena ci fosse una setta satanica attiva che “pubblicizzava” anche sacrifici umani, sia pur eseguiti da altri e in altre parti d’Italia, non può essere un elemento da trascurare».

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