Bancarotta A.C. Cesena, Lugaresi sentito in tribunale: «Ci fu chi mise e perse tanti soldi per salvare la società»
Il processo per bancarotta fraudolenta collegata al fallimento dell’A.C. Cesena, che vede ancora a processo numerosi imputati, nonostante diversi patteggiamenti per alcuni capi d’imputazione, è andato avanti ieri con la prosecuzione dell’esame di Giorgio Lugaresi, l’ex presidente del Cavalluccio. È stato sentito in veste di imputato in altro procedimento connesso. Sulla questione delle plusvalenze, che secondo l’accusa sarebbero state fatte attraverso operazioni di calciomercato fittizie di giovani giocatori sull’asse tra il club bianconero e il Chievo, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha però fatto una narrazione piuttosto articolata della crisi vissuta dalla società del Cavalluccio. Dopo avere ribadito che erano Rino Foschi e Luigi Piangerelli a occuparsi rispettivamente della prima squadra e del vivaio, ha spiegato in modo semplice che la Covisoc (la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistiche, organo basilare della Figc) chiedeva un tot di soldi e lui, assieme al consulente di fiducia Franco Santarelli, un po’ col calciomercato, un po’ rateizzando quanto dovuto al fisco ma anche grazie a ricchi conferimenti cercavano di barcamenarsi. Per iscriversi al campionato, bisognava essere in regola con tutti gli stipendi pagati a calciatori e staff e i versamenti dovuti all’erario. E con la prospettiva di tempi migliori, grazie alle maggiori entrate in serie A, tanti si sacrificavano e si sono scottati. In particolare, ha citato come consiglieri facoltosi e generosi che si diedero da fare per tenere su la baracca Walter Casadei, Mauro Urbini e soprattutto Santerini. Quest’ultimo avrebbe scucito e perso ben 2,7 milioni di euro per tamponare la crisi finanziaria.
Il tribunale ha anche ascoltato la commercialista Ester Castagnoli, che fino al 2014 è stata una figura chiave nel controllo dei conti della società bianconera. Il pubblico ministero l’ha torchiata, rimproverando a chi doveva vigilare di non essere stati abbastanza rigorosi nella valutazione delle operazioni fatte dal cda. Ma la professionista ha fatto presente che l’A.C. Cesena era un patrimonio dell’intera città e che si pensava che potesse contare su un’ampia rete di supporto e comunque c’era la prospettiva che la promozione nella massima serie portasse grossi benefici al bilancio.
Sono ancora tante le persone a giudizio in questo processo, tra cui Mauro Giorgini, Claudio Manuzzi, Graziano Pransani (lui solo per reati fiscali a causa di una dichiarazione iva contestata dall’accusa), Luca Mancini, tre componenti del collegio sindacale. Tra di loro, anche Manuzzi ha detto ieri che decidevano tutto Lugaresi e Santarelli, che pensavano che in serie A si sarebbero sistemati i guai.
Al di là della questione della bancarotta fraudolenta, per sistematica omissione, secondo il pm, di pagamenti al fisco, come metodo per superare le difficoltà di accesso al credito, c’è l’accusa di avere orchestrato vendite fittizie di giovani del vivaio gonfiando i prezzi, che grava su Foschi, Piangerelli e l’ex presidente del Chievo, Luca Campedelli.
Proprio quest’ultimo sarà sentito il 26 novembre, nella prossima udienza, assieme a un altro imputato, l’avvocato Christian Dionigi.