Anche a Cesena torna in strada la protesta dei trattori
Protesta dei trattori: inizia da questa mattina il nuovo presidio degli Agricoltori Attivi Romagnoli: che resterà in pianta stabile a Pievesestina ma con anche iniziative al di fuori di quel contesto: come il 2 febbraio quando i trattori muoveranno per unirsi nella protesta ai pescatori in direzione del porto di Cesenatico.
Il concentramento, dalle strade di tutto il comprensorio cesenate, è previsto per le 8.30. Per le 12.30 è attesa (ma ancora non ufficiale, potrebbe anche slittare a giovedì) la presenza a Pievesestina anche del sindaco e presidente della provincia Enzo Lattuca. Parte degli agricoltori attivi muoverà anche in direzione di Ravenna a sostegno della protesta in corso anche i quei luoghi. Mentre tra gli incontri già previsti a Pievesestina c’è quello di giovedì con la consigliera regionale Francesca Lucchi.
«La posta in gioco è salvare le aziende e il Paese - spiegano dal Coapi annunciando il ritorno in strada in tutta Italia dei trattori - Mentre l’agroalimentare italiano (in mano alle lobbies ed alle multinazionali) cresce, le piccole e medie imprese dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca si impoveriscono».
Da giorni si stanno organizzando in tutto il Paese i presidi degli agricoltori, degli allevatori e dei pescatori come quello che prenderà il via a Cesena.
Il Consiglio Unitario della mobilitazione, su proposta del Coapi, ha riassunto in un documento gli obiettivi e nelle motivazioni della protesta.
«Sviluppare una campagna di informazione e contro informazione rivolta all’opinione pubblica per spiegare l’inganno che confonde l’agroalimentare italiano (in mano alla speculazione e che si giova di molti favori) che cresce e l’agricoltura, la pesca e l’allevamento che si impoveriscono mentre il Paese paga i costi dell’abbandono delle terre e di un Made in Italy fatto solo di marchi speculativi industriali senza la materia prima di agricoltori e pescatori.
Poi collegare fra di loro le tante crisi (economiche, sociali, ambientali e di democrazia) che stanno uccidendo il nostro patrimonio di lavoro della terra e nel mare per costruire, su base democratica , l’unità degli agricoltori, degli allevatori, dei trasformatori artigianali e dei pescatori e l’alleanza con i cittadini e i lavoratori del comparto sugli obiettivi comuni
Serve quindi ottenere dal Governo nazionale, che l’anno scorso ha aperto un tavolo di confronto con gli agricoltori in mobilitazione, un Piano di Azione Straordinaria per salvare le piccole e medie imprese dell’agricoltura, dell’allevamento e della pesca adottando una Dichiarazione di Stato di crisi e assumendo un pacchetto di misure anche in deroga alle Regole Comunitarie ed ordinarie
Infine aprire con le istituzioni un confronto sulle riforme di sistema necessarie ad assicurare la sovranità alimentare che è - ricorda il consiglio unitario Coapi - il diritto del Paese ad avere campagne e marinerie vive con uomini e donne al lavoro oltre che il diritto al cibo e ad un territorio tutelato».
«Sono le aziende produttive quelle che pagano il prezzo della crisi. In 20 anni hanno chiuso oltre il 50% delle aziende della pesca e agricole (-500.000 solo negli ultimi dieci anni in Italia). Del totale di 1,3 milioni chiuse, il 75% è in montagna o collina con l’abbandono delle aree coltivate pari a circa 850.000 ettari in zone particolarmente vulnerabili dal punto di vista ambientale, idrogeologico e sociale».