Cesena: 55enne assolto dal maltrattamento a moglie e figli
Per l’accusa era passibile di condanna per maltrattamenti in famiglia: perché per tanti anni aveva sottoposto moglie e figli ad uno stillicidio di violenze ed imposizioni.
Per la difesa il rapporto burrascoso di coppia, e familiare, era innegabile. Ma non aveva la caratteristica persecutoria continuativa e “immotivata” che occorre per essere puniti per maltrattamenti in famiglia.
Alla fine è stata questa seconda tesi quella sposata anche dal giudice Marco Mazzocco che ha assolto un 55enne residente in un comune cesenate della vallata del Savio anche laddove l’accusa (rappresentata in aula dal pm Alessandra Dati) aveva chiesto una condanna dell’uomo ad un anno e 4 mesi di reclusione.
La donna finì in pronto soccorso per l’ultima volta nel 2018. Con delle lesioni traumatiche. Una sorta di goccia che fece traboccare il vaso. In quel frangente infatti decise di sporgere denuncia spiegando che a picchiarla era stato il marito.
Una volta medicata e dimessa per quelle ferite formalizzò ai carabinieri anche una serie di ulteriori accuse. Spiegando come in passato fosse altre volte rimasta ferita per colpa del marito. Come a subire maltrattamenti fossero stati anche i loro due figli e come le prime problematiche di violenza domestica risalissero addirittura a 14 anni prima.
Una denuncia da cui è nato il processo ieri in tribunale a Forlì. Qui l’uomo era difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci.
In questi anni la coppia si è separata. Decisione in virtù della quale la sua ex compagna, con cui adesso non convive più (e con la quale invece condivide ancora la gestione dei figli) ha deciso di non costituirsi neppure parte civile per ottenere risarcimento dalle violenze che aveva denunciato in passato.
Per configurare una condanna per maltrattamenti in famiglia, codice alla mano, serve provare che il comportamento dell’accusato fosse costantemente da maltrattante. Una continuità temporale che per la legge deve anche essere associata ad abitudini consolidate di violenza senza “cause scatenanti”.
La donna, negli anni di violenze che ha subito, a parte l’ultimo episodio non aveva mai palesato (facendosi curare in pronto soccorso) di aver ricevuto percosse dal marito. Raccontando invece situazioni differenti. Dalle testimonianze, ad esempio, è emerso come avesse riportato delle fratture costali. Centrata da un libro scagliato dal compagno che però stava sgridando per motivi di studio un figlio. E non intendeva colpire volontariamente la moglie. Alcuni degli episodi avvenuti anche in pubblico, che erano indicati come di maltrattamento ai figli, sono stati indicati dai testimoni presenti come culmine (sia pur troppo acceso) di rimproveri per comportamenti dei figli non adeguati. Comunque non situazioni che possano far configurare una condanna. Di qui l’assoluzione decisa dal giudice.