Dai lontani anni '60 nella Regina la zona dei “4 bar” rappresenta il cuore di quella che una volta era chiamata “Dolce vita” evolutasi, decisamente in peggio, nell’attuale “movida”. Inevitabile che storie e aneddoti si siano aggiunti giorno dopo giorno anno dopo anno alimentando spesso delle autentiche leggende. Storie tramandate di generazione e generazione tra aficionados e non sorseggiando un caffè, un aperitivo una birra assieme ai turisti durante l'estate. Perché allora non condividerle con la città si è detto Luciano Vagnini che dei quattro bar era l'anima del “Raquette”.
Correva l’anno
Si è così seduto davanti a un computer e in quattro e quattr’otto ha sfornato un racconto che trovato un editore, è diventato un libro pieno zeppo di racconti di quei mitici anni. Una storia parallela di Cattolica attesissima tanto da riempire la sala dello Snaporaz il giorno della presentazione. Correva l’anno 2014. In prima fila c'era anche il sindaco Piero Cecchini. Tra la folla, invece, si era mischiato Massimo Poli proprietario del Trocadero un altro locale del quadrilatero (ora al suo posto c’è un ristorante). Che da quella sala è uscito con un diavolo per capello. Come si conviene durante la presentazione erano state lette diverse pagine del libro ed in molte di queste anche se non c'era il cognome con il nome di Massimo è stato subito identificato Poli, per cui l'autore non aveva avuto parole molto simpatiche. Vile, codardo, poverino, viscido, poco affidabile alcuni degli aggettivi rivolti al collega da Vagnini. Il tempo di uscire dallo Snaporaz ed il giorno seguente Poli ha suonato alla porta dello studio dell'avvocato di Diego Pensalfini cui ha chiesto di tutelare la sua immagine in Tribunale. La Procura concorda con la sua tesi e rinvia Vagnini a giudizio con l'accusa di diffamazione, reato per cui il Tribunale di Rimini lo ha ritenuto colpevole condannandolo a due mesi di carcere (pena sospesa) ed a una provvisionale di 500 euro: il risarcimento danni vero e proprio dovrà essere discusso in sede civile. L'imputato era difeso dagli avvocati Stefano Leardini e Paolo Vachino che ovviamente annunciano ricorso in appello. L’avvocato Vachino tiene infatti a puntualizzare come Vagnini nelle sue esternazioni scritte e verbali non abbia mai fatto nomi e cognomi dei destinatari dei suoi commenti. Rimarca anche come molti dei fatti “incriminati” erano datati nel tempo, addirittura episodi avvenuti anche più di trent’anni fa.