Giovanni Ceccarelli: America's Cup e Formula Uno sempre più vicine
Un’altra Coppa America sta per iniziare in Nuova Zelanda. Con un nuovo formato di regate ma soprattutto una nuova classe: gli AC75. In tre si scontreranno per definire lo sfidante contro il sembra molto forte Team New Zealand. Ho già partecipato a due edizioni di Coppa America nel 2000 in Nuova Zelanda e nel 2007 in Spagna (con Mascalzone Latino prima e + 39 dopo) nel ruolo di progettista principale che è il modo di definire il capo del progetto in Coppa America, una sorta di direttore tecnico in Formula Uno come Adrian Newey di Red Bull. Dico Adrien Newey e non un altro in quanto Newey è stato sempre molto vicino alla Coppa America e al mondo dello yacht design. Due mondi, la Formula Uno e la Coppa America, che quanto mai sono vicini.
A tal proposito ricordo un episodio. Ultimata la Coppa America, nel 2007 fui contattato per un colloquio in Inghilterra su un mio possibile ruolo di direttore tecnico in un team di Formula Uno. Perché fui contattato? Perché sono due mondi molto simili. In Formula Uno c’è una parte di aerodinamica e una parte propulsiva legata al motore, ma nelle passate edizioni la parte aerodinamica ha avuto un ruolo predominante. Nell’attuale Coppa America la parte aerea e idro ha un ruolo ancor più determinante con queste imbarcazioni che di fatto volano. Volano con lo scafo completamente staccato dall’acqua. Sono full foiling (quando lo scafo è completamente fuori dall’acqua e naviga nell’aria). Sono dei monoscafi e la loro portanza è data da due ali, una sul braccio immerso sottovento e una sul piano del timone.
Ecco perché il mondo della Coppa America è ancora più vicino oggi al mondo della Formula Uno. Non solo. Altri parallelismi sono legati ai materiali: il carbonio, le fibre di carbonio… Due mondi vicini quindi anche dal punto di vista della tecnologia applicata.
Quella volta decisi di non fare neanche il colloquio, anche se è un mondo che mi interessa molto dal punto di vista professionale, un po’ perché stava per partire un’altra sfida di Coppa America (che poi però si fermò) e al tempo stesso perché mi piace il mio lavoro e volevo continuare con la mia attività professionale e i lavori avviati nel mondo della produzione in serie e prototipi. E va aggiunto che non avrei avuto nemmeno l’opportunità di collaborare a quella grande sfida italiana che è stata l’operazione di rimozione della nave Concordia all’Isola del Giglio dove ho ricoperto il ruolo di direttore dell’ingegneria.
Le mie Coppa America hanno visto sempre un lavoro con un team snello di 5 ingegneri. Uno di questi oggi sta lavorando con Luna Rossa e ha continuato nel percorso.
Passiamo alla regola. La regola è nuova ed è nuova per tutti, per i quattro team presenti, un difensore e tre sfidanti. La pandemia del Covid ha annullato le previste regate di avvicinamento, la prima delle quali doveva essere fatta a Cagliari. Queste regate sarebbero servite a capire i valori in campo anche se le grosse scelte non potevano essere modificate, tipo lo scafo. Le barche quindi solo la settimana scorsa si sono ritrovate per la prima volta in una regata di prova e da domani si misureranno in regata in modo ufficiale. Non mi aspetto una situazione livellata di valori in campo tra le imbarcazioni. E’ inevitabile quando si affronta un regolamento nuovo.
Luna Rossa per prima ha scelto la strada corretta delle forme dello scafo, assieme ai neozelandesi. Ha avuto il vantaggio di intuire subito la direzione giusta dello scafo, che deve navigare il più possibile vicino all’acqua e avendo una forma che quando tocca l’acqua non venga frenata. Perciò questo “bustle” o chiglia, un concetto che i neozelandesi hanno ulteriormente sviluppato. Gli altri due sfidanti erano invece andati su una forma totalmente opposta.
Sui foil (le ali) che lavorano sott’acqua ci potranno essere ancora dei miglioramenti da qui alle regate vere e proprie, perché i team hanno ancora tempo di scegliere le migliori e di modificarle o forse, può anche darsi, di realizzarne di differenti anche se il numero è contingentato.
Se fosse toccato a me di dover impostare un team? Questa volta, essendo una formula diversa con questa grande importanza data al sostentamento delle ali, sarei andato a prendere esperti da due mondi opposti: il mondo del kite surf (dove uno dei massimi esperti è Luca Filippi di Rimini) e il mondo della Formula Uno. Avrei fatto ricerca in questi mondi.
Non si può non guardare al futuro che oggi è già realtà non solo in Coppa America ma anche nel mondo dei kite e della vela veloce, anche se è una vela differente. Quali potranno essere le ricadute? Per ora sono soluzioni indirizzate alla vela da competizione ma che potranno avere anche ricadute in futuro su una nautica da diporto “diversa” da quella attuale. Sia per il concetto del foiling sia per la ricerca che è stata fatta sulle vele alari soft.
Stimo molto il riminese Max Sirena che conosco sin da quando fece il prodiere su una barca di mio progetto al largo di Cesenatico. E stimo Luna Rossa che in questo momento rappresenta l’Italia.
- progettista