Uno Bianca: per Fabio Savi niente permessi di uscita di cella

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Resta in carcere Fabio Savi, il “lungo” della banda della Uno Bianca. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha infatti rigettato la richiesta fatta da uno degli spietati assassini del nucleo che dal 1987 al 1994 ha ucciso 24 persone ferendone 102. Chiedeva di lasciare per alcune ore il carcere di Bollate dov’è rinchiuso da quasi 30 anni per andare a lavorare. Parere negativo era già stato espresso dalla Procura generale meneghina. A firmare la decisione del Tribunale di Sorveglianza, che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai parenti delle vittime il collegio presieduto da Giovanna Di Rosa, con giudice a latere Simone Luerti.

Le reazioni

La sentenza accolta positivamente dai famigliari delle vittime, è arrivata a meno di 24 ore dall’annuncio del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini della conclusione del lavoro di digitalizzazione dei 260.000 documenti sulla banda di criminali guidata da Roberto Savi, fratello di Fabio, poliziotto in servizio alla Questura di Bologna, di cui facevano parte anche altri uomini con la divisa della polizia: Alberto il terzo fratello, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli. Documenti che per qualcuno dovrebbero chiarire alcuni presunti misteri che avvolgerebbero ancora una delle pagine più nere della recente storia del nostro Paese. Misteri però da sempre negati da chi ha messo le manette ai polsi della banda: il pubblico ministero Daniele Paci e gli investigatori della Squadra mobile di Rimini, l’ispettore Pietro Costanza e il sostituto commissario Luciano Baglioni. Quest’ultimo sopravvissuto alla prima azione di fuoco, l’agguato sotto al cavalcavia dell’A14 la notte del 3 ottobre del 1987 dove rimasero gravemente feriti i colleghi Addolorata Di Campi ed il sovrintendente Antonio Mosca morto dopo un’agonia durata alcuni anni ed cui è intitolata la sala riunioni della Questura di Rimini. Baglioni era stato l’unico a riuscire a rispondere al fuoco ed a ferire solamente di striscio Fabio Savi. Quella notte era stata la prova generale dell’inferno di fuoco e del terrore che avrebbero seminato in due regioni per 7 anni.

L’ex compagna

«Non ho mai perso la fiducia nella giustizia italiana. Oggi è un gran giorno. Mi sento salva finché i fratelli Savi restano in carcere». Questo il commento di Eva Mikula, l’ex fidanzata di Savi.

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