Sergio Diotti, trent'anni da "fulesta" per "Arrivano dal mare"

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È rinviata alla prossima settimana La festa del fulesta che avrebbe dovuto inaugurare il 48° festival Arrivano dal mare venerdì 19 maggio. Le calamità naturali di questi giorni hanno colpito anche Gambettola fra i luoghi del festival (con Longiano, Gatteo e Ravenna); l’acqua ha invaso la zona centrale del paese così come Casa Fellini, chapiteau compreso. Il Teatro del Drago, organizzatore del festival storico di burattini e figure, e il fulesta stesso, assicurano che la festa andrà in scena come previsto nel teatro, solo qualche giorno più in là. Intanto Sergio Diotti, ravennate di origine, romagnolo girovago, attualmente tra Roncofreddo e Savignano, si prepara all’evento a lui dedicato per avere riportato in auge, 30 anni fa, il personaggio dell’antico narratore dialettale delle campagne romagnole. Cofondatore con l’inventore Stefano Giunchi di Arrivano dal mare, Sergio Diotti (1953) si è formato in un’epoca di fermenti teatrali.

Ci racconti, Diotti: come nacque in lei la passione per il teatro di narrazione?

«Fin dall’inizio il teatro a cui ho cominciato a dedicarmi è stato quello di figura unito a elementi di teatro popolare; nel corso di studi che feci al Dams di Bologna studiai la drammaturgia “alternativa” con Giuliano Scabia con cui mi sono laureato; con Maria Signorelli (collezionista di burattini, scenografa, costumista premiata da Adm) ho studiato il teatro dei burattini. Il mio battesimo al teatro è dunque avvenuto con il teatro di figura e narrativo. Leggendo il libro di Massimo Marino “Il poeta d’oro” dedicato a Giuliano Scabia ho ritrovato tanto di quel teatro che mi è entrato dentro, anche nell’impegno sociale dei laboratori di figure con i disabili».

Come arrivò l’idea del fulesta?

«Ancora oggi non ho ben chiaro cosa fece scaturire in me il desiderio di ridare vita al fulesta . Credo si siano sommati più ingredienti; fulesta è una parola del dialetto romagnolo in disuso; nei libri di studiosi come Giuseppe Bellosi, Eraldo Baldini, e soprattutto della storica di Bertinoro Elide Casali, si scopre che l’arte del fulesta era già scomparsa nel dopoguerra. Neanch’io ho mai incontrato un fulesta vivente, ho solo potuto ascoltare registrazioni di studiosi che hanno intervistato fulesta che si spostavano nelle campagne della Romagna. Un altro elemento che mi ha portato a questo personaggio è stata la ricerca sulle fiabe, compresa una regia in Polonia sulle fiabe dei Grimm, che mi sollecitò il desiderio di dare voce al fulesta utilizzando la mia. Come avevo visto fare dal torinese Giovanni Moretti (1936-2019), un grande del teatro di figura che, per la narrazione e per la sua voce bellissima, è stato un mio punto di riferimento e fondatore dei Beni Marionettistici con Alfonso Cipolla».

Quali sono stati i primi spettacoli con cui ha fatto conoscere il personaggio?

«Ho esordito con “Il pidocchio e la pulce” e subito dopo, in dialetto, con “L’uccello grifone”; pezzo arcaico quest’ultimo, una fiaba romagnola che ascoltai da Maria Fanti di Sant’Alberto di Ravenna da cui ho preso il testimone. Con questi spettacoli mi resi anche conto che il modo migliore per fare conoscere le antiche favole romagnole sconosciute era di raccontarle recuperando la figura del fulesta».

Come invece arrivò il debutto al festival di Santarcangelo 1992?

«Con Arrivano dal mare organizzavamo il festival itinerante Fole e burattini nelle piazze e nei castelli; pensammo così a un nuovo spettacolo per il circuito; all’epoca, al Festival di Santarcangelo era centrale l’elemento della piazza come veicolo di diffusione teatrale, così debuttammo nel ’92 al festival diretto da Antonio Attisani, con “Il tempo delle fiabe”. Cercai dei musicisti e li trovai nei Bevano Est, Davide Castiglia e Stefano “Ciuma” Delvecchio. Ma non avevamo ancora in Romagna artisti visivi; con una sorta di call ante litteram, li trovai. Riuscì a coinvolgere nomi come Maria Donata Papadia (Teatro due Mondi di Faenza), da Forlì Giuseppe Tolo e Cosetta Gardini (Teatro delle Albe) e poi Werther Turroni (Laboratorio Imperfetto Gambettola) e Luigi Berardi (land art), formando un gruppo innovativo per questo spettacolo in dialetto e debutto al festival».

Cosa farà il fulesta over trenta?

«Ho in progetto di realizzare il portale ilfulesta.it con una raccolta integrale delle fiabe romagnole comprensive di una sezione di ascolto, per valorizzare questo nostro patrimonio di storie. Aggiungendo sessioni live di spettacoli registrati nei teatri e inseriti nel portale. Il mio ciclo del fulesta comprende 22 produzioni teatrali e 24 serate speciali».

Concludiamo con la “Festa del fulesta” di “Adm”, come sarà?

«Sarà una reunion con amici e collaboratori, da Stefano Giunchi a Vladimiro Strinati e Franco Belletti, ad artisti, allo staff di Adm e al Teatro del Drago, e poi l’editore Mario Guaraldi che pubblicò “Il ritorno del fulesta” nel 1993, Pepe Medri e il suo organetto diatonico, i rappresentanti dei Laboratori per disabili. Ci saranno video e un mio cameo, quale non so».

Info: 392 6664211

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