«Grazie per tutto quello che ci hai insegnato, continua a tifarci da lassù». Con queste parole la Csi Clai Imola, società di pallavolo da lui stesso fondata, ha voluto salutare Francesco Spadoni, storico dirigente e allenatore scomparso nella notte di ieri all’età di 83 anni. Nato l’11 ottobre del 1939, fu socio fondatore della cooperativa stessa (nel 1962 a Sasso Morelli), ma soprattutto un vero e proprio pezzo di storia del volley della città. Lo “Spadoni della pallavolo”, così era soprannominato, fu infatti tra i protagonisti della nascita nel 1969 della società femminile che oggi, dopo decenni caratterizzati da grandi soddisfazioni, è diventata uno dei punti fissi del campionato di Serie B1. E in tutto questo tempo è stato più che un dirigente o un allenatore, attività quest’ultima portata avanti nelle giovanili fino a una decina di anni fa, ma la vera e propria anima, sempre pronto con il suo pulmino a trasportare le atlete da un campo all’altro o la frutta al mercato. Il tutto assieme alla moglie Anna Maria Loreti, sposata nel 1974, con cui visse l’avventura nella società imolese, di cui lei fu anche presidente. Dal loro matrimonio sono nati quattro figli: Luca, Cristiano, Emanuela e Carlo.
Pioggia di ricordi
Già nel corso della mattinata di ieri, quando la notizia della scomparsa di Spadoni si è diffusa in città e sui social, sono piovuti i messaggi di ricordo, tra cui quelli di semplici appassionati di volley («lui è la pallavolo a Imola. Nessun altro mai»), di altre società del territorio, come la Solovolley («antagonista storico del nostro fondatore Luca Testa, si riunirà a lui nei cieli per continuare le epiche sfide delle squadre giovanili imolesi. Riposa in pace caro Francesco»), o di ex allenatori, come Mauro Monti («grazie per avermi fatto capire che allenare ragazzi non va fatto per se stessi, per la propria autostima, ma per loro. Questa è stata la tua forza, il tuo esempio: lasciare qualcosa a ogni atleta che incontri in palestra, non solo tecnica o agonismo, ma vita. Grazie per avermi insegnato che i valori e la capacità di tenere il timone ben saldo vanno oltre ogni risultato sportivo»), fino a quelli provenienti dalle istituzioni. «Ciao zio Francesco, la città di Imola ti sia riconoscente per tutto ciò che hai costruito e “inventato” per lei. E ora riposa», ha scritto Daniela Spadoni, assessora comunale al Welfare. «A nome della Città di Imola, dell’Amministrazione comunale e mio personale – ha sottolineato il sindaco Marco Panieri – ci tengo a esprimere cordoglio per la scomparsa di una persona generosa, impegnata nel sociale e nello sport, due ambiti nei quali ha contribuito alla crescita della nostra città. Per lui la pallavolo fu un mezzo per trasmettere i propri valori e dare insegnamenti, contribuendo alla crescita e alla formazione di tanti giovani. La città è profondamente grata a Spadoni e si stinge alla sua famiglia e alle persone a lui più vicine, in questo momento di grande dolore».
Giovedì il funerale
Già fissata la data del funerale, che sarà giovedì, con partenza dalla camera mortuaria alle 13.30 per arrivare in chiesa a San Prospero intorno alle 14. Questa sera, alle 19, ci sarà inoltre la recita del rosario, sempre nella chiesa di San Prospero, a lui dedicata. «Babbo Francesco – ha scritto in un lungo post su Facebook il figlio Cristiano – è stato un uomo di poche parole e molte azioni. Ma le parole non sono per tutti. Allora ho provato a ricordare almeno otto modi con cui la tua voce è stata sostituita da altro, per comunicare la sua essenza di genitore buono e severo, attento e umile». Questo l’elenco, in breve: «Costruire qualcosa di buono per la tua comunità, il tuo Paese. Dare respiro alle aspirazioni: intendo le visioni che i figli hanno del proprio essere nel futuro, non dell’acquisire. Fare politica, cioè amare la cosa pubblica. Insegnare la fatica, quella dei palloni da raccogliere e delle reti da sistemare a fine gara. Insegnare il servizio, con un’iniezione di umiltà dipinta di sorrisi, senza attendere nulla in cambio. Cantare da stonati, leggere sbagliando, incespicare in un congiuntivo: insegnare che l’imperfezione è dell’uomo. Alzarsi di notte perché a centinaia di chilometri c’è chi ha perso tutto, è sotto le macerie: e allora parti senza fare i conti, se non quelli del gasolio che alimenta il viaggio. Affrontare le domande, quelle imbarazzanti, anche prima che ti vengano fatte, perché così quando nasceranno si potranno aggrappare alle idee che avevi già seminato».